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'Il vizio del diavolo' di Enrico Luceri [ALlibri]
ThrillerNord di venerdģ 14 febbraio 2020
Un’orfana, un collegio, un forte temporale che danneggia le comunicazioni, un prete e due suore sono gli abitanti presenti nell’ala del palazzo che č rimasta aperta durante le feste, pochi giorni a Natale, una leggenda macabra sull’edificio che narra di consanguinei senza eredi e omicidi misteriosi.

di Marianna Di Felice
Un’orfana, un collegio, un forte temporale che danneggia le comunicazioni, un prete e due suore sono gli abitanti presenti nell’ala del palazzo che è rimasta aperta durante le feste, pochi giorni a Natale, una leggenda macabra sull’edificio che narra di consanguinei senza eredi e omicidi misteriosi. Tutti questi ingredienti creano una storia perfetta per far rimanere nell’inquietudine il lettore dall’inizio alla fine. L’autore omaggia con alcune scene descritte nel libro il cinema di Pupi Avati, ma il lettore può riconoscere nella narrazione delle immagini uscite fuori dai libri della Christie e dal telefilm L’ispettore Barnaby. Sembra infatti di vederlo, mentre si legge, un temporale burrascoso nella brughiera inglese dove le case sono isolate perché distanti sia dal centro città sia da altre case e all’improvviso arriva qualcuno che inizierà ad investigare mantenendo un’aria enigmatica. La visione della storia è vivida nel lettore che immagina in modo nitido tutto ciò che legge. Un giallo che contiene tracce di noir per il mistero che confonde come una densa nebbia e di horror che fa trasalire quando meno uno se lo aspetta. Padre Wurth sembra davvero un inquisitore uscito direttamente dal passato, un Tomàs de Torquemada di fine ‘400, inflessibile, freddo, razionale, ironico e con un fiuto infallibile che lo porta a comprendere chi è l’assassino. Il diavolo èdavvero in ogni angolo, ma è fatto di carne e ossa e ha meditato per bene tutto quello che poi farànel collegio. Alcuni personaggi hanno dei segreti da custodire che li fanno passare per dei sospettatidi omicidio. Effettivamente quando il lettore arriva a svelare certi segreti si ritrova ad incastrare perfettamente i personaggi nel ruolo di assassino, ma sarebbe troppo facile. L’autore gioca bene le sue carte e stuzzica la fantasia del lettore portandolo a ragionare come i personaggi. Tutto questo per preparare la sorpresa finale. E riesce a coinvolgere il lettore fino alla fine confondendolo sul vero assassino perché nulla è come sembra, ma potrebbe essere anche peggio.
La protagonista, Corinna, l’orfana che deve vivere nel collegio, dove insegnava la madre, fino alla maggiore età conferisce ancora più suspense alla storia. Corinna ama vedere le serie tv di genere horror e thriller e poi le sembra di viverle nella vita. Va a fumare una sigaretta nel giardino del collegio spingendosi vicino agli alberi per non essere vista dalle suore, nel frattempo il vento fa danzare i rami e il loro frusciare sembra passi di qualcuno nascosto nell’ombra.
Circondata dalla buia campagna mentre sta arrivando un temporale per il quale è stata data l’allerta, la fantasia di Corinna viaggia, e con essa anche quella del lettore: in un’ombra vede un profilo o nel rumore del vento sente un sussurro o un rantolo. La sua mente è condizionata dalle cose che vede perché si sente sola, per ribellione, per fare la dura, ma alla fine dura non è. Il silenzio crea rumori nella testa e delle scene splatter si formano in un battito di ciglia.
Ma forse, questa volta la mente di Corinna ha captato qualcosa che non viene da una scena vista in una serie tv, forse stavolta Corinna ha sentito l’assassino prima che entrasse nel collegio. Entrando dentro l’edificio il lettore si ritrova in lunghi corridoi, immaginando scene macabre, derivanti dalla leggenda, della famiglia che vi abitava prima, entra in enormi stanze e sente lo sferragliare dell’ascensore che rompe il silenzio opprimente, ma deve fare attenzione a rimanere nella luce e non dare mai le spalle al vuoto. Buona lettura!
A cura di Marianna Di Felice
marisullealidellafantasia.blogspot.it


Enrico Luceri
Enrico Luceri è nato a Roma nel 1960 ed è un autore di gialli. Fra i suoi romanzi: L’ora più buia della notte (Mondadori 2017), Dietro questo sipario (Damster 2017), Le colpe dei figli (Mondadori 2015), Buio come una cantina chiusa (Mondadori 2013), Le strade di sera (Hobby&Work 2012) e Il mio volto è uno specchio (Mondadori 2008). Fra le antologie di racconti: Tre indizi fanno una prova (Mauro Pagliai 2018), Le colpe vecchie fanno le ombre lunghe (Prospettiva 2008) e Vita segreta di uno scrittore di gialli (Magnetica 2006). Inoltre, ha scritto i saggi Giallo Pulp (con Luigi Cozzi, Profondo Rosso 2018), La porta sul giallo (con Sabina Marchesi, Prospettiva 2010) e diversi articoli pubblicati in appendice ai Classici del Giallo Mondadori fra il 2009 e il 2013. Nel 2008 ha vinto il Premio Alberto Tedeschi, organizzato dal Giallo Mondadori.


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ThrillerNord - venerdģ 14 febbraio 2020
Un’orfana, un collegio, un forte temporale che danneggia le comunicazioni, un prete e due suore sono gli abitanti presenti nell’ala del palazzo che č rimasta aperta durante le feste, pochi giorni a Natale, una leggenda macabra sull’edificio che narra di consanguinei senza eredi e omicidi misteriosi.

di Marianna Di Felice
Un’orfana, un collegio, un forte temporale che danneggia le comunicazioni, un prete e due suore sono gli abitanti presenti nell’ala del palazzo che è rimasta aperta durante le feste, pochi giorni a Natale, una leggenda macabra sull’edificio che narra di consanguinei senza eredi e omicidi misteriosi. Tutti questi ingredienti creano una storia perfetta per far rimanere nell’inquietudine il lettore dall’inizio alla fine. L’autore omaggia con alcune scene descritte nel libro il cinema di Pupi Avati, ma il lettore può riconoscere nella narrazione delle immagini uscite fuori dai libri della Christie e dal telefilm L’ispettore Barnaby. Sembra infatti di vederlo, mentre si legge, un temporale burrascoso nella brughiera inglese dove le case sono isolate perché distanti sia dal centro città sia da altre case e all’improvviso arriva qualcuno che inizierà ad investigare mantenendo un’aria enigmatica. La visione della storia è vivida nel lettore che immagina in modo nitido tutto ciò che legge. Un giallo che contiene tracce di noir per il mistero che confonde come una densa nebbia e di horror che fa trasalire quando meno uno se lo aspetta. Padre Wurth sembra davvero un inquisitore uscito direttamente dal passato, un Tomàs de Torquemada di fine ‘400, inflessibile, freddo, razionale, ironico e con un fiuto infallibile che lo porta a comprendere chi è l’assassino. Il diavolo èdavvero in ogni angolo, ma è fatto di carne e ossa e ha meditato per bene tutto quello che poi farànel collegio. Alcuni personaggi hanno dei segreti da custodire che li fanno passare per dei sospettatidi omicidio. Effettivamente quando il lettore arriva a svelare certi segreti si ritrova ad incastrare perfettamente i personaggi nel ruolo di assassino, ma sarebbe troppo facile. L’autore gioca bene le sue carte e stuzzica la fantasia del lettore portandolo a ragionare come i personaggi. Tutto questo per preparare la sorpresa finale. E riesce a coinvolgere il lettore fino alla fine confondendolo sul vero assassino perché nulla è come sembra, ma potrebbe essere anche peggio.
La protagonista, Corinna, l’orfana che deve vivere nel collegio, dove insegnava la madre, fino alla maggiore età conferisce ancora più suspense alla storia. Corinna ama vedere le serie tv di genere horror e thriller e poi le sembra di viverle nella vita. Va a fumare una sigaretta nel giardino del collegio spingendosi vicino agli alberi per non essere vista dalle suore, nel frattempo il vento fa danzare i rami e il loro frusciare sembra passi di qualcuno nascosto nell’ombra.
Circondata dalla buia campagna mentre sta arrivando un temporale per il quale è stata data l’allerta, la fantasia di Corinna viaggia, e con essa anche quella del lettore: in un’ombra vede un profilo o nel rumore del vento sente un sussurro o un rantolo. La sua mente è condizionata dalle cose che vede perché si sente sola, per ribellione, per fare la dura, ma alla fine dura non è. Il silenzio crea rumori nella testa e delle scene splatter si formano in un battito di ciglia.
Ma forse, questa volta la mente di Corinna ha captato qualcosa che non viene da una scena vista in una serie tv, forse stavolta Corinna ha sentito l’assassino prima che entrasse nel collegio. Entrando dentro l’edificio il lettore si ritrova in lunghi corridoi, immaginando scene macabre, derivanti dalla leggenda, della famiglia che vi abitava prima, entra in enormi stanze e sente lo sferragliare dell’ascensore che rompe il silenzio opprimente, ma deve fare attenzione a rimanere nella luce e non dare mai le spalle al vuoto. Buona lettura!
A cura di Marianna Di Felice
marisullealidellafantasia.blogspot.it


Enrico Luceri
Enrico Luceri è nato a Roma nel 1960 ed è un autore di gialli. Fra i suoi romanzi: L’ora più buia della notte (Mondadori 2017), Dietro questo sipario (Damster 2017), Le colpe dei figli (Mondadori 2015), Buio come una cantina chiusa (Mondadori 2013), Le strade di sera (Hobby&Work 2012) e Il mio volto è uno specchio (Mondadori 2008). Fra le antologie di racconti: Tre indizi fanno una prova (Mauro Pagliai 2018), Le colpe vecchie fanno le ombre lunghe (Prospettiva 2008) e Vita segreta di uno scrittore di gialli (Magnetica 2006). Inoltre, ha scritto i saggi Giallo Pulp (con Luigi Cozzi, Profondo Rosso 2018), La porta sul giallo (con Sabina Marchesi, Prospettiva 2010) e diversi articoli pubblicati in appendice ai Classici del Giallo Mondadori fra il 2009 e il 2013. Nel 2008 ha vinto il Premio Alberto Tedeschi, organizzato dal Giallo Mondadori.


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OGT newspaper
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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