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Da Troppo cuore a Quel delitto del ‘56
dailygreen.it di sabato 21 marzo 2020
L’autore č Mario Quattrucci, impegnato dal 1953 nella vita politica e sociale come membro del Comitato Centrale del PCI. Lo ha rappresentato in Circoscrizioni, Comuni, Provincia e Regione, ma s’č occupato anche di arti visive, teatro, letteratura, poesia. Noto scrittore seriale di gialli, nel suo ultimo libro appena uscito, decide di disseppellire un inquietante e mai ufficialmente risolto caso criminoso del lontano ’56

di Carla Guidi
Il titolo è esplicito Quel delitto del ’56 (Oltre Edizioni) così pure l’incipit

— Fu del Cinquantasei, sì … Sessanta giusti. Avevamo venti anni, i nostri padri erano ancora in servizio, sognavamo il sol dell’avvenire ed eravamo tutti, senza remissione, stracotti d’amore. E benché l’avessimo vissuta di persona della Storia di quei vent’anni e di prima non sapevamo un accidente. E figurarci della vita. Ma fummo presi e travolti dalla grande bufera di quell’anno La bufera di gelo e neve che coprì Roma e l’Europa, certo. Ma quella in realtà fu soprattutto allegria e joie de vivre. La bufera che ebbe a Mosca l’epicentro: quella fu davvero la tormenta ad uscire e, salvarci dalla quale, a vent’anni, dovemmo impegnare per un anno le nostre intere risorse. E non erano molte. Dicono che fu l’anno in cui divenimmo altra cosa: non lo so, ma di certo fu l’anno in cui dovemmo crescere in fretta. Per ciò, impegnati come eravamo in quel travaglio, di quella storia minima che si svolse nelle nostre immediate vicinanze, di quel brutto delitto, sapemmo poco e tardi. E nemmeno forse volevamo sapere. Ma ora, a distanza di tanti anni, ed anche per lasciar traccia di come eravamo e di come era veramente l’Italia di allora, si può raccontare. E forse si deve. (…) La verità su quei fatti, su quel delitto, in realtà dal mondo non fu mai conosciuta…Ovvero: non fu mai rivelata. Del morto il mondo non ha saputo mai niente: due righe di giornale, un trafiletto in cronaca, e quindi l’oblio. L’uomo, il suo destino, il fatto, come uno dei tanti dei cento misteri italiani, tutto inghiottito dalla nebbia e dal polverone di menzogne che avvolge l’Italia da oltre settant’anni.


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— Fu del Cinquantasei, sì … Sessanta giusti. Avevamo venti anni, i nostri padri erano ancora in servizio, sognavamo il sol dell’avvenire ed eravamo tutti, senza remissione, stracotti d’amore. E benché l’avessimo vissuta di persona della Storia di quei vent’anni e di prima non sapevamo un accidente. E figurarci della vita. Ma fummo presi e travolti dalla grande bufera di quell’anno La bufera di gelo e neve che coprì Roma e l’Europa, certo. Ma quella in realtà fu soprattutto allegria e joie de vivre. La bufera che ebbe a Mosca l’epicentro: quella fu davvero la tormenta ad uscire e, salvarci dalla quale, a vent’anni, dovemmo impegnare per un anno le nostre intere risorse. E non erano molte. Dicono che fu l’anno in cui divenimmo altra cosa: non lo so, ma di certo fu l’anno in cui dovemmo crescere in fretta. Per ciò, impegnati come eravamo in quel travaglio, di quella storia minima che si svolse nelle nostre immediate vicinanze, di quel brutto delitto, sapemmo poco e tardi. E nemmeno forse volevamo sapere. Ma ora, a distanza di tanti anni, ed anche per lasciar traccia di come eravamo e di come era veramente l’Italia di allora, si può raccontare. E forse si deve. (…) La verità su quei fatti, su quel delitto, in realtà dal mondo non fu mai conosciuta…Ovvero: non fu mai rivelata. Del morto il mondo non ha saputo mai niente: due righe di giornale, un trafiletto in cronaca, e quindi l’oblio. L’uomo, il suo destino, il fatto, come uno dei tanti dei cento misteri italiani, tutto inghiottito dalla nebbia e dal polverone di menzogne che avvolge l’Italia da oltre settant’anni.


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