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»L'ombra è del fiume» di Vincenzo Gueglio
 di domenica 28 agosto 2022
No, non è un testamento spirituale questo ultimo libro di Vincenzo Gueglio, non è quel punto che spesso sembra non appartenerci e al quale forzatamente si guarda in prossimità della morte, per cui accadono e pentimenti e cambi di rotta e rincrescimenti per il tradimento del tempo che ci impedisce di attuarli.

di Danila Boggiano
No, non è un testamento spirituale questo ultimo libro di Vincenzo Gueglio, non è quel punto che spesso sembra non appartenerci e al quale forzatamente si guarda in prossimità della morte, per cui accadono e pentimenti e cambi di rotta e rincrescimenti per il tradimento del tempo che ci impedisce di attuarli.
E non lo è nonostante la dedica ai figli che non sottende un passaggio di testimone, l'offerta orgogliosa di un esempio, non appartenendo all'autore questa banale, e in fondo autoritaria, intenzionalità, ma rappresenta piuttosto il tenero dono del dubbio, il velato suggerimento della mitezza, l'auspicio che i figli non si sottraggano allo sguardo puro sulle cose, dopo averne sperimentato la lucida dolorosa spietatezza.
Ma noi tutti lettori siamo figli.
Così Scricciolo, il personaggio attorno al quale si snodano e i pensieri e le vicende e quel particolare momento storico che ne rappresenta la carne, la Resistenza e i suoi esiti, è la domanda che rimane senza risposte, è l'azione che non si vorrebbe compiere e che le circostanze spingono a compiere, o quella giusta, omessa per ignavia, è il giudizio sospeso di un Cristo incompreso e tradito, di un Socrate morente, l'umanità dolente di un Cechov.
Scricciolo si arruola tra i partigiani portando ben chiara tra le mani la legge della non violenza e vasta e intatta, tutta la sua illusione e per questo, come non pensare al personaggio dell'Idiota, talmente poco credibile da risultare ridicolo.
Saranno gli accidenti della vita e del ruolo da cui sembra essere scelto, per quella sorta di necessità, “frana” la chiama Gueglio, che toglie libertà persino all'ideale, a disattendere quella legge.
Soprattutto all'ideale, potrebbe correggermi.
La piantina bella e buona è del cuore, nella terra, nel gesto, è il suo tradimento.
E il fascismo è la normalità, il rettile-drago vince sempre, nonostante il Santo, e la resistenza è solo una parentesi.
E allora che cosa fa Scricciolo della sua frana, delle conseguenze che da lui, piccolo sasso, sono scaturite? Le morti, il socialismo fallito, il sorriso compiaciuto di Leonora, la partigiana, mentre festeggia la “vittoria” e che, proprio per quel sorriso, esce per sempre dal suo cuore, e la morte di Hans, il tedesco amico diventato partigiano, e la follia di Rosa, figlia di Leonora e di Hans e la morte dello stesso figlio di Scricciolo...
Che cosa fa Scricciolo? Fugge, cammina, si rifugia nel silenzio, parla all'acqua, alle formiche, agli scarafaggi, alle pietre, si raccoglie attorno a quel punto di sè, essenziale limpido, dove il fiume non può proiettare la sua ombra, dove la piantina non è corrotta dalla terra.
Ma Alice, figlia di Rosa la folle, si sta avvicinando nella sua meraviglia, o presso Scricciolo è sempre stata, vita amore speranza, luminoso lacerto del tempo e suo buio contrappunto, e nello sguardo condiviso sulla magia delle gocce di pioggia tra le foglie, e nel sorriso e nella mano tesa incontro alla sua solitudine e alle domande tremende che lo abitano, punto di soluzione di tutti i conflitti, risposta e luce, infine.
Scricciolo non sa chi sia, o finge di non sapere, per quel tratto tragicamente giocoso che ancora lo riguarda, ma lui sa, e con ansia e speranza, lascia cadere nell'aria la domanda che non esige nessuna risposta, essendo la domanda stessa un modo altro di tutte le risposte.
- Sei la morte?


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 - domenica 28 agosto 2022
No, non è un testamento spirituale questo ultimo libro di Vincenzo Gueglio, non è quel punto che spesso sembra non appartenerci e al quale forzatamente si guarda in prossimità della morte, per cui accadono e pentimenti e cambi di rotta e rincrescimenti per il tradimento del tempo che ci impedisce di attuarli.

di Danila Boggiano
No, non è un testamento spirituale questo ultimo libro di Vincenzo Gueglio, non è quel punto che spesso sembra non appartenerci e al quale forzatamente si guarda in prossimità della morte, per cui accadono e pentimenti e cambi di rotta e rincrescimenti per il tradimento del tempo che ci impedisce di attuarli.
E non lo è nonostante la dedica ai figli che non sottende un passaggio di testimone, l'offerta orgogliosa di un esempio, non appartenendo all'autore questa banale, e in fondo autoritaria, intenzionalità, ma rappresenta piuttosto il tenero dono del dubbio, il velato suggerimento della mitezza, l'auspicio che i figli non si sottraggano allo sguardo puro sulle cose, dopo averne sperimentato la lucida dolorosa spietatezza.
Ma noi tutti lettori siamo figli.
Così Scricciolo, il personaggio attorno al quale si snodano e i pensieri e le vicende e quel particolare momento storico che ne rappresenta la carne, la Resistenza e i suoi esiti, è la domanda che rimane senza risposte, è l'azione che non si vorrebbe compiere e che le circostanze spingono a compiere, o quella giusta, omessa per ignavia, è il giudizio sospeso di un Cristo incompreso e tradito, di un Socrate morente, l'umanità dolente di un Cechov.
Scricciolo si arruola tra i partigiani portando ben chiara tra le mani la legge della non violenza e vasta e intatta, tutta la sua illusione e per questo, come non pensare al personaggio dell'Idiota, talmente poco credibile da risultare ridicolo.
Saranno gli accidenti della vita e del ruolo da cui sembra essere scelto, per quella sorta di necessità, “frana” la chiama Gueglio, che toglie libertà persino all'ideale, a disattendere quella legge.
Soprattutto all'ideale, potrebbe correggermi.
La piantina bella e buona è del cuore, nella terra, nel gesto, è il suo tradimento.
E il fascismo è la normalità, il rettile-drago vince sempre, nonostante il Santo, e la resistenza è solo una parentesi.
E allora che cosa fa Scricciolo della sua frana, delle conseguenze che da lui, piccolo sasso, sono scaturite? Le morti, il socialismo fallito, il sorriso compiaciuto di Leonora, la partigiana, mentre festeggia la “vittoria” e che, proprio per quel sorriso, esce per sempre dal suo cuore, e la morte di Hans, il tedesco amico diventato partigiano, e la follia di Rosa, figlia di Leonora e di Hans e la morte dello stesso figlio di Scricciolo...
Che cosa fa Scricciolo? Fugge, cammina, si rifugia nel silenzio, parla all'acqua, alle formiche, agli scarafaggi, alle pietre, si raccoglie attorno a quel punto di sè, essenziale limpido, dove il fiume non può proiettare la sua ombra, dove la piantina non è corrotta dalla terra.
Ma Alice, figlia di Rosa la folle, si sta avvicinando nella sua meraviglia, o presso Scricciolo è sempre stata, vita amore speranza, luminoso lacerto del tempo e suo buio contrappunto, e nello sguardo condiviso sulla magia delle gocce di pioggia tra le foglie, e nel sorriso e nella mano tesa incontro alla sua solitudine e alle domande tremende che lo abitano, punto di soluzione di tutti i conflitti, risposta e luce, infine.
Scricciolo non sa chi sia, o finge di non sapere, per quel tratto tragicamente giocoso che ancora lo riguarda, ma lui sa, e con ansia e speranza, lascia cadere nell'aria la domanda che non esige nessuna risposta, essendo la domanda stessa un modo altro di tutte le risposte.
- Sei la morte?
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