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Luigi De Rosa
Viaggio esistenziale - ESAURITO

Questo volume costituisce un’ampia scelta delle opere poetiche del De Rosa, una sorta di congedo del viaggiatore . il viaggio esistenziale di De Rosa comincia da Venezia, città che poi ritroviamo in non poche altre poesie come, ad esempio, Sul rettilineo per Venezia, con quei due intensi versi “sogni ostinati come l’erba / che ricresce sui cigli ad ogni sfalcio” che furono apprezzati da Diego Valeri, il fine e allora anziano poeta padovano che in una lettera (il 4 giugno 1969) riconobbe al giovane De Rosa “un vero temperamento poetico, con la facoltà di felici invenzioni che non sono solo verbali, ma sentimentali e fantastiche, prima di essere parola”. Se lo scenario veneto-friulano rappresenta l’ apertura alla vita e se la malinconica Torino è la città del dovere e della lontananza, la Liguria è la terra della maturità, del ritorno alle origini con un bagaglio ricco di esperienze che qui si distillano e si fanno emozione e pensiero in una sequenza di testi che, come suggeriva Maria Luisa Spaziani, danno vita a un “libro, un discorso in versi che non perde mai il suo punto di riferimento, la sua chiave”.



Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Marchio editoriale
Gammarò edizioni
Pubblicato il 26/03/2019
pagine: 222
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback — brossura
collana: LE OPERE E I GIORNI
genere: Poesia
tag: #libri #books #lettura #letteratura #poesia
ISBN: 9788899415563

Prezzo di copertina € 18.00
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Questo volume costituisce un’ampia scelta delle opere poetiche del De Rosa, una sorta di congedo del viaggiatore . il viaggio esistenziale di De Rosa comincia da Venezia, città che poi ritroviamo in non poche altre poesie come, ad esempio, Sul rettilineo per Venezia, con quei due intensi versi “sogni ostinati come l’erba / che ricresce sui cigli ad ogni sfalcio” che furono apprezzati da Diego Valeri, il fine e allora anziano poeta padovano che in una lettera (il 4 giugno 1969) riconobbe al giovane De Rosa “un vero temperamento poetico, con la facoltà di felici invenzioni che non sono solo verbali, ma sentimentali e fantastiche, prima di essere parola”. Se lo scenario veneto-friulano rappresenta l’ apertura alla vita e se la malinconica Torino è la città del dovere e della lontananza, la Liguria è la terra della maturità, del ritorno alle origini con un bagaglio ricco di esperienze che qui si distillano e si fanno emozione e pensiero in una sequenza di testi che, come suggeriva Maria Luisa Spaziani, danno vita a un “libro, un discorso in versi che non perde mai il suo punto di riferimento, la sua chiave”.



Luigi De Rosa nato a Napoli il 20 ottobre 1934, ma ha vissuto in Friuli, in Lombardia, in Piemonte ma soprattutto, dal 1949 in poi, in Liguria. Dopo avere insegnato in scuole statali, ha svolto per ventanni le funzioni di 'Provveditore agli studi' titolare a Trieste, Alessandria, Torino e Bergamo, nonch quella di 'Sovrintendente scolastico regionale' titolare della Liguria. In ogni sede ha partecipato intensamente alla vita letteraria, stringendo rapporti di amicizia e collaborazione con poeti, scrittori, artisti (Diego Valeri a Venezia, Andrea Zanzotto a Pieve di Soligo, Carlo Sgorlon a Udine, Giorgio Brberi Squarotti a Torino, Maria Luisa Spaziani a Bergamo). Ora vive a Rapallo, dove continua a svolgere attivit letteraria.
Tra i suoi libri: Risveglio veneziano ed altri versi con una lettera autografa del poeta Diego Valeri Del Bianco Editore, Udine-Pordenone 1969; Il volto di lei durante prefazione di Giorgio Brberi Squarotti (Genesi Editrice, Torino 1990 e 2005); Lo specchio e la vita con un saggio introduttivo di Graziella Corsinovi, (Ediz. di Maestrale, Sestri L. 2006); Approdo in Liguria prefazione di Maria Luisa Spaziani e postfazione di Sandro Gros Pietro (Genesi 2006); Fuga del tempo, prefazione di Sandro Gros Pietro (Genesi, Torino 2013); La vita e lopera dellartista e scrittore Antonio Angelone (Edizioni Accademia Lucia Mazzocco, Isernia 2008). Il percorso letterario di Imperia Tognacci (Laterza, Bari 2014); La grande poesia di Gianni Rescigno (Gnesi Editrice).
Tra le Onorificenze conferitegli, quella di Commendatore dellOrdine al Merito della Repubblica Italiana e quella di Cavaliere di Francia, firmata da Franois Mitterand.

Gammarò edizioni
Pubblicato il 26/03/2019
pagine: 222
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback — brossura
collana: LE OPERE E I GIORNI
genere: Poesia
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ISBN: 9788899415563

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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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