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Stefano Terra
La fortezza del Kalimegdan

Introduzione di Diego Zandel

La fortezza del Kalimegdan di Stefano Terra, romanzo originariamente uscito per l’editore Bompiani nel lontano 1956, è imperniato sulla ricerca, da parte di un giornalista, Ferrero, di un uomo, Giovanni Brua, scomparso nel pieno della Seconda guerra mondiale, ma della cui morte non si hanno notizie certe. A ingaggiarlo nella ricerca è la moglie Anna, la quale ha il sospetto che il marito sia ancora vivo. Ferrero, chiaramente alter ego dell’autore, legato alla donna dal ricordo di un amore giovanile, inviato speciale di un quotidiano torinese, sempre in giro per il mondo, in particolare nei Balcani e in Medioriente, al momento rinuncia, ma poi, di fronte alla prospettiva di fare il topo di redazione, che detesta, accetta. Si propone così come inviato a un altro quotidiano, con la scommessa di prendere idee seguendo proprio le tracce del Brua da quando, ufficiale dell’esercito italiano in Albania, oppositore del fascismo e di quella guerra assurda al fianco dei tedeschi, dopo l’8 settembre si era dato alla macchia. Le tracce di Brua porteranno Ferrero nei luoghi che hanno visto lo stesso Terra passare, prima come fuoriuscito e poi come giornalista. E anche le avventure saranno le stesse vissute dallo scrittore. Naturalmente, si viaggia molto con Terra, in questo romanzo: Grecia, Egitto, Palestina, Serbia, appunto, e lo si fa nel bel mezzo della Storia con la S maiuscola. Per altro, attraverso questa si scopre il complesso lavoro dei giornalisti, necessario a quei tempi per raccogliere, scrivere e, soprattutto, inviare le corrispondenze ai propri giornali in patria. Non era come oggi, dove tutto è più semplice con un pc o uno smartphone: allora bisognava trovare un telefono, e non era facile, contenderlo ai colleghi per dettare il “pezzo” ai dimafonisti o agli stenografi, oppure scrivere il pezzo con la macchina da scrivere su fogli di carta da infilare in una busta e, solo se non ci fosse una certa urgenza spedirlo per posta al giornale (i pezzi di colore, i reportage, avevano questa procedura, al contrario di quelle che dovevano essere le “ultime notizie”, che erano sempre quelle di uno o due giorni prima, comunque non in tempo reale come adesso).



Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Marchio editoriale
Gammarò edizioni
Pubblicato il 20/05/2024
pagine: 214
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: I CLASSICI
genere: Narrativa
ISBN: 9791280649522

Prezzo di copertina € 18.00
Prezzo promozionale € 17.10
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La fortezza del Kalimegdan

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La fortezza del Kalimegdan di Stefano Terra, romanzo originariamente uscito per l’editore Bompiani nel lontano 1956, è imperniato sulla ricerca, da parte di un giornalista, Ferrero, di un uomo, Giovanni Brua, scomparso nel pieno della Seconda guerra mondiale, ma della cui morte non si hanno notizie certe. A ingaggiarlo nella ricerca è la moglie Anna, la quale ha il sospetto che il marito sia ancora vivo. Ferrero, chiaramente alter ego dell’autore, legato alla donna dal ricordo di un amore giovanile, inviato speciale di un quotidiano torinese, sempre in giro per il mondo, in particolare nei Balcani e in Medioriente, al momento rinuncia, ma poi, di fronte alla prospettiva di fare il topo di redazione, che detesta, accetta. Si propone così come inviato a un altro quotidiano, con la scommessa di prendere idee seguendo proprio le tracce del Brua da quando, ufficiale dell’esercito italiano in Albania, oppositore del fascismo e di quella guerra assurda al fianco dei tedeschi, dopo l’8 settembre si era dato alla macchia. Le tracce di Brua porteranno Ferrero nei luoghi che hanno visto lo stesso Terra passare, prima come fuoriuscito e poi come giornalista. E anche le avventure saranno le stesse vissute dallo scrittore. Naturalmente, si viaggia molto con Terra, in questo romanzo: Grecia, Egitto, Palestina, Serbia, appunto, e lo si fa nel bel mezzo della Storia con la S maiuscola. Per altro, attraverso questa si scopre il complesso lavoro dei giornalisti, necessario a quei tempi per raccogliere, scrivere e, soprattutto, inviare le corrispondenze ai propri giornali in patria. Non era come oggi, dove tutto è più semplice con un pc o uno smartphone: allora bisognava trovare un telefono, e non era facile, contenderlo ai colleghi per dettare il “pezzo” ai dimafonisti o agli stenografi, oppure scrivere il pezzo con la macchina da scrivere su fogli di carta da infilare in una busta e, solo se non ci fosse una certa urgenza spedirlo per posta al giornale (i pezzi di colore, i reportage, avevano questa procedura, al contrario di quelle che dovevano essere le “ultime notizie”, che erano sempre quelle di uno o due giorni prima, comunque non in tempo reale come adesso).



Biografia dell'autore, Stefano Terra, scritta da lui stesso per l'edizione Bompiani di Alessandra  del 1974:
"Sono nato nel '17 a Torino. Provavano i motori degli idrovolanti in grandi capannoni vicino al Po. Dal fronte mio padre mandava lettere dannunziane a mia madre che non le capiva e doveva cucire in casa le asole un tanto la dozzina.
Negli anni Trenta eravamo alcuni ragazzi avventurieri fra i libri rubati nelle biblioteche o stanati nei depositi per il macero. Cesare Pavese e Ginzburg più anziani e seri ci consideravano delle teste accese pericolose. Uno studente lituano ci traduceva Trotzski. Delle ragazze ebree che avevano fatto il liceo, (quello vero, che per noi irregolari pareva un tempio misterioso) ci prestavano dei libri rilegati che sapevano di chanel: Dedalus, Oblomov, I demoni. Andavamo a vedere i film di Carné alle due del pomeriggio per essere soli. Anni di manifesti rivoluzionari, riunioni segrete, amori di tutta una vita, casti come la cospirazione. Dopo tanti complotti facemmo scoppiare una bomba di carta durante un'adunata oceanica. Qualcuno di Giustizia e Libertà venne dalla Francia per un incontro segreto. La guerra ci disperse. Mobilitato per l'Albania, riuscii nel '41 a raggiungere gli antifascisti al Cairo. Collaborai a Masses. New Leader pubblicava Morte di Italiani, i miei primi racconti, e poi usciva il mio romanzo, La generazione che non perdona, mentre Rommel si attestava a El Alamein e nel cortile dell’ambasciata britannica si bruciavano i cifrari. Scomparso Enzo Sereni, liquidato il Politecnico di Vittorini, espatriai nel dopoguerra come giornalista. Parigi e poi, per 25 anni, Balcani e Levante: interviste, guerriglie, pronunciamenti. Liquidavo. Liquidavo ogni giorno la vita con un pezzo per il giornale. Alcuni anni fa, di colpo, ho ricominciato a scrivere abbandonando il mestiere. E ho scritto La fortezza del Kalimegdan e, dopo qualche anno, Calda come la colomba. Vivo in una casa dell'Attica con eucalipti, vigna adagiata sull'argilla, gatti dalla testa piccola e le volpi all'imbrunire."
Stefano Terra

Gammarò edizioni
Pubblicato il 20/05/2024
pagine: 214
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: I CLASSICI
genere: Narrativa
ISBN: 9791280649522

Prezzo di copertina € 18.00
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Il ritorno di un classico, un romanzo di viaggi ed incontri

Kalimegdan, o meglio Kalemegdan, uno dei luoghi pi suggestivi della citt di Belgrado, con il parco e le mura dell'antica roccaforte di pietra, sulla collina alla congiunzione tra i fiumi Danubio e Sava. Oltre alla capitale della Serbia, il nome evoca ricordi in bianconero, come il film TV in onda nei primissimi anni Settanta su uno dei due canali Rai di allora. Andando a verificare, era la versione cinematografica, per la regia del francese Jean-Marie Drot, del romanzo datato 1956 di uno scrittore e poeta, Stefano Terra, pseudonimo di Giulio Tavernari (Torino, 1917-Roma 1986). Antifascista e azionista, giornalista giramondo, stato a lungo in Egitto, grande conoscitore del Medio Oriente, Riusc anche a farsi espellere dalla Jugoslavia di Tito, dopo alcune corrispondenze al veleno sulla questione triestina. Terra un autore italiano che nessuno sembra ricordare, pur essendo stato pubblicato da vivo da grandi editori e pi volte premiato. Aveva la passione del gioco e delle scommesse sui cavalli, il suo vizio, insieme al whisky. Si inseriva sempre come personaggio nei suoi romanzi, tant' che il regista volle che fosse lui stesso a interpretare il protagonista Ferrero, nel telefilm tratto da questo romanzo. Un classico, nato dai soggiorni all'estero di un cronista e scrittore ispirato. Vi si viaggia e si fanno tanti incontri, alla ricerca di un amico, su incarico di Anna, la moglie, che non lo crede morto, pur non avendo pi avuto notizie dalla seconda guerra. Grecia, Egitto, Palestina, Serbia, le tappe possibili della sua anabasi o catabasi, che vengono ripercorse dal giornalista torinese Ferrero, l'Henry Stanley del romanzo, chiaro alter ego dello scrittore autore. Un romanzo mosso, mai statico, per quanto sormontato e quasi soffocato dalla fortezza del titolo. Nella casetta con l'orto, la donna serba, con le trecce raccolte a ruota dietro la testa, come le contadine slave, dice che il marito non tarder, per riferire agli ospiti quello che sa. Affacciandosi, il giornalista italiano osserva la fortificazione che domina, bianca e solenne, sulla sommit della collina belgradese. La chiamano fortezza turca, anche se gli ottomani non furono gli unici detentori di una costruzione militare sorta rafforzando un accampamento di legionari romani, del I secolo. Lo scoglio in ogni scritto, il passaggio critico obbligatorio, sempre l'avvio, l'incipit. Terra lo ha risolto con una specie di sommario, al tempo stesso presentazione del narratore in prima persona. Ferrero dice d'avere viaggiato per molti anni per un giornale di Torino, ma tornando nella sua citt malinconica, sbiadita, raccolta intorno alla Mole Antonelliana, lasciava sempre le valigie al deposito della stazione, come per ripartire subito. L'ultima volta, aveva trovato al giornale una lettera, capace di cambiare il ciclo dei progetti, forse della stessa vita, trasformandolo per un certo tempo in visitatore dei cimiteri e anche di uomini ormai dimenticati, nei Balcani e nel Vicino Oriente. La lettera era firmata Anna e chiedeva di telefonarle. Pur nato a Torino, Ferrero non vi conosce pi nessuno, non ha parenti e neppure una casa. Hanno costruito un ristorante dove sorgeva la sua, lungo il Po e sotto la collina. Chi Anna? L'unica ragazzina della compagnia di scotennatori, quando i dodicenni giocavano per strada. Poi lui aveva preso a farsela coi ragazzini lindi della Torino e bene e si erano persi. L'ha cercato dopo aver letto un suo articolo su un disperso in guerra. Anche il marito, Giovanni Brua, non aveva pi dato segni. Se qualcuno pu aiutarla solo il giornalista errante. Terra ha scritto storie ariose, aperte su spazi estesi, sebbene sempre segnate da un costante interrogarsi soggettivo del protagonista. stato per anche narratore pi intimo e raccolto, come in Alessandra, ha fatto notare Goffredo Fofi, che ha invitato gli editori a riscoprirlo. Appello raccolto, dalla casa editrice Oltre, di Sestri Levante e dal suo pater familias Diego Zandel, sotto il marchio Gammar.

Effe Elle (via Anobii), 23/10/2024

 

 
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