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Ernesto Pellegrini
Storie di navi e naviganti
Fatti noti, ignoti e segreti della storia sui mari




copertina di Andrew Tosh
Quanto le repubbliche marinare italiane hanno guadagnato dalle crociate? Colombo, nel suo viaggio verso le Americhe, seguiva una rotta precisa, indicatagli da una carta? Durante la Triplice Alleanza che per trentacinque anni ha legato l’Italia alla Germania e all'Austria-Ungheria, qual era il compito delle loro flotte riunite? Se la Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale avesse potuto disporre di portaerei, l’esito nel Mediterraneo sarebbe potuto essere diverso? Il libro raccoglie queste e altre ricerche curiose e straordinarie tratte da archivi e documenti, alcuni segreti, della storia dei mari.

Ernesto Pellegrini, già autore di una serie di saggi sulla materia, racconta in capitoli diversificati, sia come localizzazione che come epoca storica, dall'alto medioevo alla Seconda Guerra Mondiale, una serie di episodi poco noti e ignoti che, sotto il profilo storico e geopolitico, hanno cambiato la storia delle potenze navali del tempo.


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Rassegna Stampa
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Marchio editoriale
Oltre edizioni
Pubblicato il 10/09/2017
pagine: 122
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: PBS
genere: Storia moderna e contemporanea
tag: marina, mare, mediterraneo, viaggi, guerra
ISBN: 9788899932039

Prezzo di Copertina € 14.00
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Quanto le repubbliche marinare italiane hanno guadagnato dalle crociate? Colombo, nel suo viaggio verso le Americhe, seguiva una rotta precisa, indicatagli da una carta? Durante la Triplice Alleanza che per trentacinque anni ha legato l’Italia alla Germania e all'Austria-Ungheria, qual era il compito delle loro flotte riunite? Se la Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale avesse potuto disporre di portaerei, l’esito nel Mediterraneo sarebbe potuto essere diverso? Il libro raccoglie queste e altre ricerche curiose e straordinarie tratte da archivi e documenti, alcuni segreti, della storia dei mari.

Ernesto Pellegrini, già autore di una serie di saggi sulla materia, racconta in capitoli diversificati, sia come localizzazione che come epoca storica, dall'alto medioevo alla Seconda Guerra Mondiale, una serie di episodi poco noti e ignoti che, sotto il profilo storico e geopolitico, hanno cambiato la storia delle potenze navali del tempo.



L'AUTORE
Ernesto Pellegrini
si laureato in Scienze Politiche presso l'Universit di Roma nel 1959 discutendo una tesi di storia e politica navale. Dal 1960 al 1975 stato assistente alla cattedra di storia e politica navale presso la facolt di scienze politiche dell'Universit di Roma. Dal 1966 al 1979 ha lavorato presso il Ministero del Bilancio e della Programmazione economica quale esperto per i settori marittimo e aeronautico. A partire dal 1966 ha svolto attivit pubblicistica su argomenti relativi ai settori marittimo e aeronautico. Dal 1998 ha collaborato con l'Ufficio Storico della Marina Militare e la Rivista Marittima, pubblicando libri, saggi e articoli riguardanti argomenti di storia e politica navale. Tra i libri, da notare la biografia dell'ammiraglio Giuseppe Sirianni, Sottosegretario di Stato e Ministro della Marina dal 1925 al 1933, un uomo la cui vita fu molto avventurosa e che fu anche senatore del Regno d'Italia.

Oltre edizioni
Pubblicato il 10/09/2017
pagine: 122
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: PBS
genere: Storia moderna e contemporanea
tag: marina, mare, mediterraneo, viaggi, guerra
ISBN: 9788899932039

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oggi
02/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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