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Vita di marinaio. Dall'Adriatico al Sudamerica

La storia che mi accingo a narrare mi sembra più interessante di un romanzo, ma non è un romanzo. È il racconto dei fatti salienti della vita di un uomo di mare che ne passò di cotte e di crude sia in mare che sulla terraferma. Ma l’eccezionalità del racconto, a parte le numerose avventure, ora divertenti ora drammatiche, sta nel fatto che con esso scorrono tutti gli eventi salienti del secolo scorso. Dalla rivoluzione russa all’avvento del fascismo e del nazismo, dagli anni del proibizionismo alla crisi del ’29, dai drammi delle migrazioni per le Americhe alla guerra nel pacifico e così via, fino al dopoguerra. Il protagonista è un dalmata, anzi lo era, perché dal 10 febbraio 1998 le sue spoglie riposano nel cimitero di Fiume, la città marinara nella quale – dopo una gioventù tutta avventurosa “poté crearsi una famiglia ed ebbe un porto di approdo per oltre mezzo secolo, gli ultimi anni di una lunga e spericolata vita protrattasi per nove decenni”.
Giacomo Scotti



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Oltre edizioni
Pubblicato il 18/06/2019
pagine: 330
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: letture del mondo
genere: Narrativa italiana
ISBN: 9788899932473

Prezzo di copertina € 18.00
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La storia che mi accingo a narrare mi sembra più interessante di un romanzo, ma non è un romanzo. È il racconto dei fatti salienti della vita di un uomo di mare che ne passò di cotte e di crude sia in mare che sulla terraferma. Ma l’eccezionalità del racconto, a parte le numerose avventure, ora divertenti ora drammatiche, sta nel fatto che con esso scorrono tutti gli eventi salienti del secolo scorso. Dalla rivoluzione russa all’avvento del fascismo e del nazismo, dagli anni del proibizionismo alla crisi del ’29, dai drammi delle migrazioni per le Americhe alla guerra nel pacifico e così via, fino al dopoguerra. Il protagonista è un dalmata, anzi lo era, perché dal 10 febbraio 1998 le sue spoglie riposano nel cimitero di Fiume, la città marinara nella quale – dopo una gioventù tutta avventurosa “poté crearsi una famiglia ed ebbe un porto di approdo per oltre mezzo secolo, gli ultimi anni di una lunga e spericolata vita protrattasi per nove decenni”.
Giacomo Scotti



L'AUTORE
Poeta, romanziere, narratore, favolista, pubblicista, critico letterario, traduttore dalle lingue slave e giornalista, Giacomo Scotti è nato nel 1928 a Saviano (Napoli) dove recentemente è stato al centro di un convegno organizzato dall'Università "L'Orientale" di Napoli per due anniversari: l'85.esimo compleanno e i 65 anni della sua attività letteraria condensata in circa 170 opere, fra le quali numerose pubblicate a Trieste, città nella quale si trasferì da ragazzo per raggiungere nel 1947 la ex Jugoslavia, vivendo in Istria e a Fiume fino al 1982. Quell'anno ristabilì la residenza in Italia, dapprima nel suo paese natale e poi a Trieste da dove fa il pendolare fra l'Italia e la Croazia, tessendo intensi rapporti culturali.

Per la sua produzione letteraria, per i meriti acquisiti nella divulgazione della letteratura italiana nell'ex Jugoslavia e in altri campi della cultura, a Scotti sono stati conferiti numerosi riconoscimenti in Italia e all'estero. I più recenti sono i Premi internazionali "Scritture di frontiera Umberto Saba" (Trieste, 2004), il "Calabria" nel 2005 e 2013 e il "Fulvio Tomizza" del Lyon Club Trieste-Europa nel 2006. A Scotti sono state pure conferite la cittadinanza onoraria del Comune di Monfalcone (Sigillo d'oro, 2005) e l'onorificenza di Commendatore dell'Ordine della Stella della Solidarietà della Repubblica Italiana (2006). In occasione del suo 85.esimo compleanno, Scotti è stato ospite d'onore anche del Comune di Saviano, le cui autorità gli hanno conferito la Targa della Città, dedicandogli una serie di eventi celebrativi nell'aula consiliare, nell'Auditorium cittadino e in alcune scuole elementari e medie, con lettura di sue poesie. Nell'occasione gli sono pervenuti numerosissimi messaggi augurali da parte di scrittori e poeti dell'Ovest ed Est europeo, fra i quali Predrag Matvejević, Diego Zandel, Daniel Nacinovich, Tommaso Di Francesco, Antonio Moscato, Irene Visintini, Maria Teresa Iervolino, Fabio Fiori, Gabriella Musetti, Marina Moretti, Rosanna Morabito...

Fra le sue opere primeggiano una trentina di sillogi di poesia, fra le quali - per ricordare le più recenti - risaltano la poderosa raccolta Tra due mari uscita a Trieste nel 2006 con prefazione di Claudio Martelli per le edizioni Unione Italiana e Università Popolare, e Versi di una vita, antologia in due volumi apparsa nel 2010 a Fiume a cura delle Edizioni Italiane (Edit) di Fiume. Fra le opere di narrativa vanno ricordati i Racconti di una vita apparsi nel 2001 per i tipi della LINT, Trieste, e il recentissimo volume Racconti fra due mondi curato dall'Edit di Fiume nel 2013, raccogliendo il meglio della narrativa di Scotti degli ultimi cinquant'anni. Fra i pur numerosi volumi di favole per ragazzi emergono Favole e leggende dell'Istria, Favole e leggende del Mar Adriatico (Santi Quaranta, Treviso), La Grotta del Vento (con prefazione di Erri De Luca) apparsa a Napoli e Dalla terra al cielo, quest'ultima edita da Asterios, Trieste, nel 2006. Tra le più recenti e apprezzate opere di Scotti va annoverato il romanzo autobiografico Per caso e per passione edito nel 2012 dalla Lint triestina, la medesima casa editrice dei celebri volumi di Scotti Goli Otok, ritorno all'Isola Calva (ampliato in quattro edizioni) e il Lager in mezzo al mare che hanno svelato una delle tragedie meno note del dopoguerra: quella che - insieme a decine di migliaia di comunisti antistalinisti jugoslavi - coinvolse alcune centinaia di italiani dell'Istria, Quarnero, friulani e triestini tra il 1948 e il 1956.
Il suo ultimo libro è Matvejević ed io, due marinai (Infinito, 2018) nel quale racconta la vita e l’opera del grande scrittore di origine croato-erzegovese Predrag Matvejevic, di cui fu grande amico e traduttore.

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Pubblicato il 18/06/2019
pagine: 330
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genere: Narrativa italiana
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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