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Giuseppe Cesare Abba
Da Quarto al Volturno
Noterelle d'uno dei Mille

Prefazione e cura di Francesco De Nicola  

Fu Francesco Sclavo, garibaldino e poi colonnello nell'esercito regolare, a consegnare al Carducci alcune pagine delle "Noterelle". Il poeta così ne scrisse ad Abba il 5 aprile 1880:

"Ho letto quasi tutte fra su 'l manoscritto e su le stampe le Note che mi paiono bellissime per l'impronta della verità freschissima che serbano nell'espressione. Del contenuto non dico, che è il meraviglioso storico. Del pensiero d'intitolare quelle Memorie a me vi ringrazio e me ne tengo onorato".

All'inizio di giugno del 1880 Zanichelli pubblicò il volume col titolo Noterelle d'uno dei Mille. Il libro raccontava gli episodi accaduti tra il 3 maggio e il 21 giugno 1860; due anni più tardi apparve, ancora presso Zanichelli, la seconda edizione ampliata, questa volta con il titolo Da Quarto al Faro. Noterelle d'uno dei Mille edite dopo vent'anni, che nel tempo si estendeva sino al 20 agosto e infine nel 1891 uscì l'edizione definitiva che si concludeva il 9 novembre e aveva il titolo Da Quarto al Volturno. Noterelle d'uno dei Mille.

Ancora allo Sclavo Carducci aveva scritto il 23 novembre 1873 a proposito di Abba:

"Vedere animi e ingegni tali accontentarsi del santo oblio e dell'inerzia come di rifugio, mentre tutti i mediocri e gli inetti e i vigliacchi si arrabattano gridando: 'Noi abbiamo fatto, noi facciamo, noi faremo l'Italia', è cosa che fa venire i brividi sull'infamia della generazione che ora predomina".




Il miglior libro di memorialistica garibaldina. Un libro molto amato, fra gli altri, dal Carducci. Oggi ripubblicato con la prefazione del prof. Francesco De Nicola (Università di Genova)



Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Marchio editoriale
Gammarò edizioni
Pubblicato il 10/01/2010
pagine: 248
formato: cm. 13 x 20
copertina: softback — brossura
collana: I CLASSICI
genere: Narrativa italiana
tag: #libri #books #lettura #letteratura Liguria
ISBN: 9788896647196

Prezzo di copertina € 14.00
Prezzo promozionale € 13.30
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Fu Francesco Sclavo, garibaldino e poi colonnello nell'esercito regolare, a consegnare al Carducci alcune pagine delle "Noterelle". Il poeta così ne scrisse ad Abba il 5 aprile 1880:

"Ho letto quasi tutte fra su 'l manoscritto e su le stampe le Note che mi paiono bellissime per l'impronta della verità freschissima che serbano nell'espressione. Del contenuto non dico, che è il meraviglioso storico. Del pensiero d'intitolare quelle Memorie a me vi ringrazio e me ne tengo onorato".

All'inizio di giugno del 1880 Zanichelli pubblicò il volume col titolo Noterelle d'uno dei Mille. Il libro raccontava gli episodi accaduti tra il 3 maggio e il 21 giugno 1860; due anni più tardi apparve, ancora presso Zanichelli, la seconda edizione ampliata, questa volta con il titolo Da Quarto al Faro. Noterelle d'uno dei Mille edite dopo vent'anni, che nel tempo si estendeva sino al 20 agosto e infine nel 1891 uscì l'edizione definitiva che si concludeva il 9 novembre e aveva il titolo Da Quarto al Volturno. Noterelle d'uno dei Mille.

Ancora allo Sclavo Carducci aveva scritto il 23 novembre 1873 a proposito di Abba:

"Vedere animi e ingegni tali accontentarsi del santo oblio e dell'inerzia come di rifugio, mentre tutti i mediocri e gli inetti e i vigliacchi si arrabattano gridando: 'Noi abbiamo fatto, noi facciamo, noi faremo l'Italia', è cosa che fa venire i brividi sull'infamia della generazione che ora predomina".




Il miglior libro di memorialistica garibaldina. Un libro molto amato, fra gli altri, dal Carducci. Oggi ripubblicato con la prefazione del prof. Francesco De Nicola (Università di Genova)



L'AUTORE
Giuseppe Cesare Abba
nacque a Cairo Montenotte il 6 ottobre 1838. A dodici anni entr dagli Scolopi di Carcare che, come scrisse lo stesso Abba in una brevissima autobiografia, svegliavano all'amore delle lettere, dell'arte e della patria. Il 5 maggio 1860 si imbarc con i Mille per la Sicilia, ebbe il battesimo del fuoco a Calatafimi, si merit i gradi di ufficiale nella presa di Palermo partecip alla battaglia del Volturno. Nell'aprile del 1861 ritorn a Cairo Montenotte dove contribu a fondare la Societ Operaia di Mutuo Soccorso. Nel 1862 si trasfer a Pisa. Nel 1866 fu con Garibaldi in Trentino: a Bezzecca merit la medaglia d'argento al valor militare. Nel 1867 si ritir a Cairo Montenotte dove, eletto sindaco, affront i problemi pi immediati nel campo dell'istruzione, dell'igiene e dell'urbanistica. Per interessamento del Carducci nel 1881 ricevette l'incarico di professore di italiano nel Liceo "Torricelli" di Faenza. Nel 1884 si spost a Brescia, ove insegn per ben 26 anni diventando preside dell'Istituto l'Istituto tecnico "Nicol Tartaglia" e consigliere comunale. A Brescia mor il 6 novembre 1910 all'et di 72 anni. Il 5 giugno 1910 era stato nominato senatore. I suoi funerali furono un'apoteosi per la cittadina lombarda; commovente fu il trasporto al cimitero di Cairo, accanto alle spoglie dei suoi familiari.

Gammarò edizioni
Pubblicato il 10/01/2010
pagine: 248
formato: cm. 13 x 20
copertina: softback — brossura
collana: I CLASSICI
genere: Narrativa italiana
tag: #libri #books #lettura #letteratura Liguria
ISBN: 9788896647196

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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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