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Fabrizio Benente  Fabrizio Benente
Il Castello di Rivarola
Campagne di scavo 1996/97 e indagini archeologiche 2018

Le indagini condotte a Rivarola si inseriscono nel quadro di un più ampio progetto di studio sull’incastellamento ed il popolamento medievale della Liguria Orientale e sono nate - nel 1996 - da una doppia esigenza. Si intendeva, infatti, avviare un’indagine archeologica “campione” nell’ambito di un insediamento fortificato genovese e, in particolare, del castello che, alla luce delle fonti scritte, risultava essere stato il più importante nel quadro della politica di espansione genovese nell’area del Tigullio nella prima metà del XII secolo. Si voleva, inoltre, verificare la possibilità di un incastellamento signorile anteriore al 1132, data della conquista genovese del colle di Rivarola. Entrambi gli elementi erano ipotizzabili sulla base dell’analisi delle fonti scritte, ma anche considerando la posizione strategica del castello, ubicato in corrispondenza del punto di congiunzione di tre sistemi di valli (Val Fontanabuona, Val Graveglia e Valle Sturla), al centro di un’area di forte sviluppo di poteri locali tra XI e XII secolo. Le ricerche sono riprese nel 2018, nel quadro delle attività della Cattedra di Archeologia medievale dell’Università di Genova. Il volume ripropone e, soprattutto, aggiorna alcuni testi già editi e presenta i dati emersi dalle nuove campagne di scavo, di rilievo e di studio.

Testi di Fabrizio Benente, con contributi di Giada Molinari, Andrea Pollastro et al.



Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Marchio editoriale
Oltre edizioni
Pubblicato il 28/10/2019
pagine: 148 (con 48 immagini a colori)
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: MEDIOEVO RITROVATO
genere: Storia e Archeologia medievale
tag: incastellamento
ISBN: 9788899932589

Prezzo di copertina € 18.00
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Le indagini condotte a Rivarola si inseriscono nel quadro di un più ampio progetto di studio sull’incastellamento ed il popolamento medievale della Liguria Orientale e sono nate - nel 1996 - da una doppia esigenza. Si intendeva, infatti, avviare un’indagine archeologica “campione” nell’ambito di un insediamento fortificato genovese e, in particolare, del castello che, alla luce delle fonti scritte, risultava essere stato il più importante nel quadro della politica di espansione genovese nell’area del Tigullio nella prima metà del XII secolo. Si voleva, inoltre, verificare la possibilità di un incastellamento signorile anteriore al 1132, data della conquista genovese del colle di Rivarola. Entrambi gli elementi erano ipotizzabili sulla base dell’analisi delle fonti scritte, ma anche considerando la posizione strategica del castello, ubicato in corrispondenza del punto di congiunzione di tre sistemi di valli (Val Fontanabuona, Val Graveglia e Valle Sturla), al centro di un’area di forte sviluppo di poteri locali tra XI e XII secolo. Le ricerche sono riprese nel 2018, nel quadro delle attività della Cattedra di Archeologia medievale dell’Università di Genova. Il volume ripropone e, soprattutto, aggiorna alcuni testi già editi e presenta i dati emersi dalle nuove campagne di scavo, di rilievo e di studio.

Testi di Fabrizio Benente, con contributi di Giada Molinari, Andrea Pollastro et al.



L'AUTORE

Fabrizio Benente è professore associato di Archeologia cristiana e medievale presso l'Università di Genova. Si è formato e ha svolto attività di ricerca presso le Università di Pisa, Roma, Siena, Genova e presso l"Albright Institute" di Gerusalemme. Nel 2010 e nel 2012 gli è stata assegnata la Getty Research Exchange Fellowship da parte del Council of American Overseas Research Centers, per svolgere attività di ricerca in Israele e in Turchia. Ha diretto scavi archeologici in Italia e in Israele. Ha partecipato a missioni archeologiche in Corsica, Grecia, Tunisia, Libano, Mongolia interna (Cina), Crimea (Ucraina). Ha diretto il Museo archeologico di Sestri Levante (MuSel) e il Polo archeominerario di Castiglione Chioavarese (MuCast). Ha curato produzioni multimediali e documentari televisivi. Sposato con Daniela, vive a Nascio in Val Graveglia, vicino a Chiavari, dove dedica tempo al suo cane Filippo e alla cura del vigneto. È appassionato collezionista di fumetti e (nel poco tempo che rimane) pratica la corsa su strada e l’atletica leggera master.


Oltre edizioni
Pubblicato il 28/10/2019
pagine: 148 (con 48 immagini a colori)
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: MEDIOEVO RITROVATO
genere: Storia e Archeologia medievale
tag: incastellamento
ISBN: 9788899932589

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15/08/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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