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Diego Zandel  Diego Zandel
Operazione Venere

Operazione Venere originariamente apparso nel 1996 nella gloriosa collana "Segretissimo", quattordicinale di spionaggio Mondadori, distribuito in tutte le edicole italiane in robusta tiratura, è la seconda avventura a bordo dell'Esperia firmata Diego Zandel. L'ambientazione è uno degli indiscutibili punti forti del romanzo: siamo a Cipro, la terza isola del Mediterraneo, negli anni Novanta: a vent'anni e uno sbuffo di distanza dalla violenta occupazione turca di un terzo dell'isola, nell'incomprensibile indifferenza di tutte le potenze europee. Stavolta, in crociera, ci si trova sotto la minaccia di un gruppo di estremisti greco-ciprioti, pronti a tutto pur di sollevare l'attenzione internazionale sulla sofferenza della loro gente, e della loro isola. L'artista romano di origine fiumana riesce, mantenendo un ritmo fortissimo e viva la tensione, a restituire integro uno spaccato politico della delicata e trascurata situazione dell'isola di Venere: come già in Crociera di sangue vanno a puntinare la narrazione un vivido erotismo e una cinematografica cura dei dialoghi. Operazione Venere non finisce qui. Il lettore contemporaneo si ritroverà, incuriosito e spiazzato, a leggere una vicenda secondaria i cui protagonisti sono i figli del dittatore iracheno Saddam Hussein: questo retrogusto mediorientale, già vivace comprimario nell'opera precedente, finisce per dare un tono più pittoresco e insolito alla spy story zandeliana. Una chicca, non soltanto per i cultori del genere e per gli appassionati di questioni cipriote e mediterranee. Gianfranco Franchi


Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Pubblicato il 03/11/2021
formato: eBook
dimensioni file: ePub 876 Kb - mobi 2327 Kb
collana: I GIALLI OLTRE
genere: Narrativa italiana
tag: #narrativa #gialli #noir
ISBN: 9791280075383

Prezzo di Copertina € 7.99
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Operazione Venere originariamente apparso nel 1996 nella gloriosa collana "Segretissimo", quattordicinale di spionaggio Mondadori, distribuito in tutte le edicole italiane in robusta tiratura, è la seconda avventura a bordo dell'Esperia firmata Diego Zandel. L'ambientazione è uno degli indiscutibili punti forti del romanzo: siamo a Cipro, la terza isola del Mediterraneo, negli anni Novanta: a vent'anni e uno sbuffo di distanza dalla violenta occupazione turca di un terzo dell'isola, nell'incomprensibile indifferenza di tutte le potenze europee. Stavolta, in crociera, ci si trova sotto la minaccia di un gruppo di estremisti greco-ciprioti, pronti a tutto pur di sollevare l'attenzione internazionale sulla sofferenza della loro gente, e della loro isola. L'artista romano di origine fiumana riesce, mantenendo un ritmo fortissimo e viva la tensione, a restituire integro uno spaccato politico della delicata e trascurata situazione dell'isola di Venere: come già in Crociera di sangue vanno a puntinare la narrazione un vivido erotismo e una cinematografica cura dei dialoghi. Operazione Venere non finisce qui. Il lettore contemporaneo si ritroverà, incuriosito e spiazzato, a leggere una vicenda secondaria i cui protagonisti sono i figli del dittatore iracheno Saddam Hussein: questo retrogusto mediorientale, già vivace comprimario nell'opera precedente, finisce per dare un tono più pittoresco e insolito alla spy story zandeliana. Una chicca, non soltanto per i cultori del genere e per gli appassionati di questioni cipriote e mediterranee. Gianfranco Franchi


L'AUTORE:
Diego Zandel
nato nel 1948 nel campo profughi di Servigliano da genitori fiumani. ma cresciuto al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma, che raccoglieva gli esuli istriani, fiumani e dalmati in fuga dalla Jugoslavia di Tito. Questa origine, per il suo portato esistenziale, oltre che storico e geopolitico, cos come anche la Grecia, in particolare l'isola di Kos, della quale era originaria la famiglia della sua prima moglie Anna, scomparsa nel 2012, avr molta rilevanza nei suoi libri, tanto da essergli stata conferita la cittadinanza onoraria sia del comune di Servigliano che di quello di Kos.
É autore di diversi romanzi: Massacro per un presidente, Mondadori 1981; Una storia istriana, Rusconi 198; Crociera pericolosa, Mondadori 1993, Oltre Edizioni 2020; Operazione Venere, Mondadori, 1996, Oltre Edizioni 2021; I confini dell'odio, Aragno 2002, Oltre Edizioni 2022; L’uomo di Kos, Hobby&Work 2004; Il fratello greco, Hacca, 2010; I testimoni muti (Mursia 2011); Essere Bob Lang, Hacca 2012; Eredità colpevole, Voland 2023; Un affare balcanico, Voland, 2024. Ha all’attivo anche due libri di racconti: Il console romeno (Oltre edizioni 2013) e, di prossima uscita, Racconti istro-fiumani (IoDeposito, 2024).
Tra le sue opere di carattere saggistico e letterario, Invito alla lettura di Andrić (scritto con Giacomo Scotti) Mursia 1981; Balcanica - Viaggio nel sudest europeo attraverso la letteratura contemporanea, Novecento Libri, 2018; Apologia della lettura - Riflessioni di un bibliofilo incallito, Historica, 2020.
È anche uno degli autori del docufilm Hotel Sarajevo, nato da un’idea di Andrea Di Consoli e prodotto da Clipper Media e Rai Cinema, per la regia di Barbara Cupisti.
Nel 2023 ha ricevuto il Premio Tomizza.

Pubblicato il 03/11/2021
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collana: I GIALLI OLTRE
genere: Narrativa italiana
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OGT newspaper
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14/08/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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