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Danila Boggiano
Sibille

Prefazione di Massimo Bacigalupo  




con 19 acquerelli di Hlne Cortese
Lettrice di libri, di vita…
Le Sibille di Danila Boggiano parlano sommesse ma decise. Vengono da una lunga esperienza di storie, parole e vita. Come la loro autrice. Tessono. Quasi tutte si rivolgono a un interlocutore maschio, con un pizzico di risentimento, ma cercando di chiarire qualche termine in una situazione in cui tutto è incerto, colto a barbagli. Poesie brevi, che presumono familiarità coi racconti da cui nascono, dall’Eneide e l’Odissea a Cupido e Psiche, a Proust, a Emily e Virginia. Un pantheon sentito presente, vivo. Cechov, Ibsen, Kierkegaard, Kahlo. Figure con cui si è discorso a lungo e che qui discorrono pianamente ma anche recisamente, con coraggio e chiarezza. La forza di Clarissa evocata nell’ultimo ritratto, Clarissa a cui Danila non dà voce ma che descrive… Un autoritratto? “Lei e l’onda verde che la porta”.
(dalla Prefazione di Massimo Bacigalupo)



Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Marchio editoriale
Oltre edizioni
Pubblicato il 14/07/2020
pagine: 56
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: COLLEZIONE DI POESIA
genere: Poesia
tag: #libri #books #lettura #letteratura #poesia Liguria
ISBN: 9788899932763

Prezzo di copertina € 18.00
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Lettrice di libri, di vita…
Le Sibille di Danila Boggiano parlano sommesse ma decise. Vengono da una lunga esperienza di storie, parole e vita. Come la loro autrice. Tessono. Quasi tutte si rivolgono a un interlocutore maschio, con un pizzico di risentimento, ma cercando di chiarire qualche termine in una situazione in cui tutto è incerto, colto a barbagli. Poesie brevi, che presumono familiarità coi racconti da cui nascono, dall’Eneide e l’Odissea a Cupido e Psiche, a Proust, a Emily e Virginia. Un pantheon sentito presente, vivo. Cechov, Ibsen, Kierkegaard, Kahlo. Figure con cui si è discorso a lungo e che qui discorrono pianamente ma anche recisamente, con coraggio e chiarezza. La forza di Clarissa evocata nell’ultimo ritratto, Clarissa a cui Danila non dà voce ma che descrive… Un autoritratto? “Lei e l’onda verde che la porta”.
(dalla Prefazione di Massimo Bacigalupo)



L'AUTRICE
Danila Boggiano è nata e vive a Sestri Levante, laureata in Filosofia presso l’Università degli Studi di Genova.
Ha pubblicato Piccole foglie e sparse, ed. San Marco dei Giustiniani 1997; La pazienza del tempo, ed. Sabatelli 1999; La tessitrice di vento, ed. Le mani 2004; Amorosi sentieri, ed. Bastogi 2008; Inconsapevole musa, ed. San Marco dei Giustiniani 2010.

Oltre edizioni
Pubblicato il 14/07/2020
pagine: 56
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: COLLEZIONE DI POESIA
genere: Poesia
tag: #libri #books #lettura #letteratura #poesia Liguria
ISBN: 9788899932763

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La raccolta poetica Sibille di Danila Boggiano offre un fraseggiare (avrei dovuto usare verseggiare ma un verbo che mi suona frivolo) che mi affascina. Mi ricorda quello di Rilke che riesce a costruire, con sorprendente collocazione delle parole nei versi, intrecci evocatori di pensieri profondamente filosofici. E anche nel modo di comporre c leco di quel Rilke, antecedente ai Sonetti a Orfeo e alle Elegie Duinesi, che scrive poesie rifacendosi a storie del passato con versi formalmente perfetti (come quelle, per citare qualche esempio, non dei migliori, de La cortigiana [Die Kurtisane] o di Maria Egiziaca [Die gyptische Maria]). Rilke riteneva che la validit della Poesia risiedesse nel soggetto trattato, che bellezza e armonia appartenessero a questultimo e che compito del Poeta fosse quello di cantarle, per metterne in luce l'essenza. Successivamente il Poeta si rese conto che la forza della poesia sta invece nel costruire immagini con quel che lautore sente dentro di s, nel piegare la realt alle esigenze dellArtista come apprese ammirando le opere di Rodin con le sue sculture, fatte di carne e passione. E Danila Boggiano ha fatto propria lesperienza culturale di Rilke. Quindi ben vengano in questa raccolta, le parole di Danila Boggiano evocatrici di pensieri filosofici, di figure armoniche. In particolare mi riferisco alla poesia Anemos, in cui non c richiamo a un soggetto fisico semmai alla sua fisicit e che dona perfettamente la sensazione della natura del vento e della nostra umanit appoggiata a una parete di vento. Anemos che si avventura sulle cime dei monti, attraversa i boschi per raggiungere un briciolo di felicit che potrebbe avere a portata di mano, se la sua anima si accontentasse. E poi ci sono le Sibille della poesia omonima, che avanzano attraverso valli sfocate di nebbia, danzano su lame di fuoco. Questo loro avanzare e danzare le rendono attuali e palpitanti, trasmettono al lettore emozioni e diventano occasione per riflettere. E poi il cane della Dickinson Carlo che si fa albero, come lautrice, e si fa da parte (pur restando protagonista) per illuminare la figura di Emily, svelarne limmensa solitudine e la sua grande capacit di cogliere nel dolore la propria essenza di poeta. Ottime le immagini, che sanno penetrare lanimo delle protagoniste, ne disegnano le storie e dove il caso, i drammi, mentre tutte le figure delle Sibille rimangono donne delicate e distanti. Pur soffrendo sembra che non soffrano perch quello che subiscono il loro destino, contrariamente alle lame di fuoco su cui danzano le donne da sempre. C ira, sdegno, odio nellanimo delle Sibille ? C previsione di futuro o dolorosa e aspra rassegnazione? Ogni considerazione su cui ciascuna delle Sibille si sofferma, anche quelle contro linterlocutore maschio, come lo definisce Massimo Bacigalupo nella sua introduzione, si avvale di parole esili come steli di fiori. Per rispecchiare latteggiamento femminile dellepoca? O per rispondere a una visione meditata della Poesia (e della donna)? Le parole di Wallace Stevens (limmaginazione libert della mente e dunque la libert della realt riportate come epigrafe) danno una risposta a queste domande. E mettono in evidenza il fatto che lIo trova nella povert la ricchezza e nella mancanza il proprio diamante. Da tempo ne sono convinto e da sempre mi chiedo quale sia la ricchezza dell'Io e in che misura ne possa fare tesoro. Se il poeta un solitario, un essere stretto dalla propria povert, le sue parole non possono esserlo. Ogni poeta ha il dovere di diffondere la propria povert, avvalendosi dello strumento Poesia affinch gli altri ne rimangano scossi e riflettano. Ed questo che fanno le Sibille. E nel farlo innestano il loro modo di porsi di fronte alla realt in quello squisitamente e delicatamente femminile di Emily Dickinson, nella sua povert, o apparente semplicit, che ricchezza dimmagini e di sentimenti. Non nella forma ovviamente (che Danila Boggiano modella sulla base della propria armonia interiore) ma in quello pi intimo della visione della realt, che tanto cincanta.

Marcello Comitini, 08/05/2021

Raramente leggo poesia cos assoluta, personalissima e profonda, limpida, non facile. Quello che l'autrice comprende della vita, dei desideri, dei sogni, delle sofferenze di tutte le donne, di ogni donna che con il suo esistere si consacra ad un messaggio mai del tutto decifrato - diventando lei stessa indecifrabile ai pi - questo lei rappresenta, ma al di l delle forme, delle immagini, delle parole.
Leggerla mi rammenta le straziate parole di Simone Weil: ogni essere grida per essere letto altrimenti.
Ogni donna sempre al di l, come in un inesorabile, ineludibile trascendimento, che forse essa stessa ignora, ma che a Danila stato svelato come un dono, dono che in ogni donna lei ha sofferto e amato.

non vedevi le lune che portavo appese ai capelli... Nora in Ibsen

cadde con me nella roggia lo scrigno dei miei segreti... Rebecca in Ibsen

io farfalla e vento... Psiche

...per non avere le ali...per non avere la voce... Albertine in Proust

di fiori avrei coperto le mie ferite... Frida Kahlo

Ogni immagine, che condensa, e insieme allude e rimanda altrove, che condensa ripeto - la tragica dolente esistenza di ognuna di queste ALTER EGO, risplende assolutamente nuova, abbaglia, svela, e mentre stringe in una morsa di doloroso rimpianto, induce pensieri e meditazione.
Ancora avanzano le Sibille, sillabe in cerca del suono, voci che pochi odono, dense ancora e sempre di vita, che alla donna e alle donne tessono ancora e sempre la loro elegia e si chinano di fronte al suo tenero donarsi.
E altre parole non trovo che possano dire il fuoco che queste pagine mi hanno acceso dentro.

Elvira Land, 21/09/2020

 

 
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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