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Vincenzo Gueglio  Vincenzo Gueglio
Italo Zetti - ESAURITO
I colori del mare e il segreto dell'Isola

Italo Zetti ha svolto la massima parte della propria attività artistica come xilografo; e come xilografo è soprattutto noto e ammirato. Ma in cuore gli urgevano i colori. Tra le molte sfide che l'incisore deve affrontare, formidabile è quella di dover annullare tutti i colori del mondo o, meglio, trascenderli nelle sfumature d'uno solo, evocarli nelle mute modulazioni della luce. Chi conosca l'opera di Zetti sa con quanta sapienza l'artista sia riuscito, con questa orgogliosa povertà, a conseguire risultati altissimi. Ma a Sestri Levante tutto cambia. I colori esplodono, capiscono di poter essere protagonisti del vero; e Zetti si diverte: di volta in volta li lascia liberi di sfogare la loro vitalità: si fa trasportare e ne segue, curioso, le evoluzioni e i capricci; o li costringe in strutture e geometrie nelle quali peraltro si contengono a stento. Zetti ha abitato di fronte all'Isola di Sestri: a ogni ora del tempo il suo sguardo ha incontrato la sfida - no: la provocazione - che la sfuggente meraviglia di questo scoglio di curve femminee costituisce; e in due anni, fra 1973 e il '75, dedica alla sfida 17 stupefacenti acquerelli; e poi si dedica ai sassi, all'acqua, a tutti gli elementi. L'allegra partita che Italo Zetti gioca con il segreto dell'Isola ricorda alla lontana la feroce scommessa di Claude Monet con la cattedrale di Rouen; ma la ricerca di Zetti non ha nulla di tormentoso; al contrario, è un'avventura intellettuale e artistica profonda.


Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Marchio editoriale
Gammarò edizioni
Pubblicato il 01/05/2013
pagine: 120
formato: cm. 24 x 22,5
copertina: s — brossura
collana: LE OPERE E I GIORNI
genere: Arti
tag: #libri #books #lettura #letteratura
ISBN: 9788896647752

Prezzo di copertina € 20.00
Prezzo promozionale € 19.00
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Italo Zetti - ESAURITO
I colori del mare e il segreto dell'Isola


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Italo Zetti ha svolto la massima parte della propria attività artistica come xilografo; e come xilografo è soprattutto noto e ammirato. Ma in cuore gli urgevano i colori. Tra le molte sfide che l'incisore deve affrontare, formidabile è quella di dover annullare tutti i colori del mondo o, meglio, trascenderli nelle sfumature d'uno solo, evocarli nelle mute modulazioni della luce. Chi conosca l'opera di Zetti sa con quanta sapienza l'artista sia riuscito, con questa orgogliosa povertà, a conseguire risultati altissimi. Ma a Sestri Levante tutto cambia. I colori esplodono, capiscono di poter essere protagonisti del vero; e Zetti si diverte: di volta in volta li lascia liberi di sfogare la loro vitalità: si fa trasportare e ne segue, curioso, le evoluzioni e i capricci; o li costringe in strutture e geometrie nelle quali peraltro si contengono a stento. Zetti ha abitato di fronte all'Isola di Sestri: a ogni ora del tempo il suo sguardo ha incontrato la sfida - no: la provocazione - che la sfuggente meraviglia di questo scoglio di curve femminee costituisce; e in due anni, fra 1973 e il '75, dedica alla sfida 17 stupefacenti acquerelli; e poi si dedica ai sassi, all'acqua, a tutti gli elementi. L'allegra partita che Italo Zetti gioca con il segreto dell'Isola ricorda alla lontana la feroce scommessa di Claude Monet con la cattedrale di Rouen; ma la ricerca di Zetti non ha nulla di tormentoso; al contrario, è un'avventura intellettuale e artistica profonda.


L'AUTORE
Vincenzo Gueglio (Sestri Levante 1946 ♦ 14 aprile 2022) ha pubblicato i seguenti romanzi:
Il privilegio di Fernand Gachet, Savona, Sabatelli, 1987 (premio Tigullio 1985 per l'inedito); Dieci toni di grigio, Milano, Greco & Greco, 1993; Mario!, ivi, 1994 (menzione speciale della giuria al Premio Pavese 1995); La risultante, ivi, 1994; Il demiurgo, ivi, 2000; Sogni, ivi, 2000; Mario! nuova edizione illustrata: Genova, F. Frilli, 2004; Tempo di esistere (in collaborazione con E. Rovegno), Gammarò, 2006; Da un bosco in cima al mare (in collaborazione con Rudi Ciuffardi), Gammarò, 2006; Italo Zetti. I colori del mare e il segreto dell'Isola, Gammarò 2013; Cuori da un altro mondo. Il dramma di Cristoforo Colombo, Gammarò 2013; Biografie non autorizzate. Per una geografia dell'anima. Lineamenti di antropologia delle rovine, Gammarò 2017; Giacomo l'immoralista. Sull'orlo del nulla. Leopardi e la mezza filosofia (in collaborazione con Emanuela Gueglio), Gammarò 2019; Carlo Bo agonista, Gammarò 2020; L'ombra è del fiume, Gammarò 2022.


Come critico/traduttore ha curato, fra le altre, edizioni di: I viaggi di Gulliver, di Jonathan Swift, Classici Frassinelli, Milano 1999 e Gammarò 2019; Mazzini, di Francesco De Sanctis, Genova, Fratelli Frilli, 2005; I sistemi e la democrazia. Pensieri, di Giuseppe Mazzini, con una Appendice su La religione di Mazzini, Milano, Greco & Greco 2005; Verso la cuna del mondo, di Guido Gozzano, ivi, 2007; Lorenzino e l'apologia del tirannicidio, con documenti e testimonianze sull’uccisione di Alessandro de’ Medici e sull’esecuzione del «Bruto toscano» da parte dei sicari di Carlo V e Cosimo de’ Medici, Gammarò 2021.

Gammarò edizioni
Pubblicato il 01/05/2013
pagine: 120
formato: cm. 24 x 22,5
copertina: s — brossura
collana: LE OPERE E I GIORNI
genere: Arti
tag: #libri #books #lettura #letteratura
ISBN: 9788896647752

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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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