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Nello Rossi  Nello Rossi
Cartoline a Ponzone
Immagini ieratiche e immagini ottiche.
Riflessioni di un allievo di Ando Gilardi sulla rivoluzione dellimmagine fotografica


a cura di  Roberto Besana

«Bisognerebbe allora avere il coraggio di rovesciare il tavolo di lavoro, come fece con irriverenza senza eredi quel guastafeste di Ando Gilardi con la sua Storia sociale della fotografia, relegare sullo sfondo i "grandi nomi" sopravvalutati e ripartire da una storia degli usi di massa, degli scambi, degli investimenti sociali ed emotivi che la fotografia continua a veicolare. Servono storici del presente per capire la gigantesca condivisione planetaria in corso su Internet, vera rivoluzione nella civiltà delle immagini.
Se non riusciremo a metterlo in prospettiva critica, questo flusso di immagini senza qualità ci travolgerà col suo illusorio eterno presente».

Così scriveva Michele Smargiassi su Repubblica del 29 dicembre 2010, e io non vorrei sconfessare per nessuna ragione al mondo questo bellissimo apprezzamento dell'ancora non del tutto capito enorme lavoro "irriverente" di Ando Gilardi, ma solo aggiungere che un piccolo, ma per me enorme, lascito ereditario io l'ho ricevuto dal "fotografo" di Arquata Scrivia. Non esiste uno studio che si occupi del nuovo sguardo con cui la scoperta dell’immagine fotografica ha costretto a guardare, più o meno consapevolmente, le immagini religiose, che, a datare dal quarto secolo, hanno per secoli quasi monopolizzato la “storia dell’arte”, che sarebbe più opportuno chiamare “storia delle immagini”. Il saggio Cartoline a Ponzone presenta le riflessioni sulle immagini, manuali e fotografiche, di Nello Rossi, un collaboratore di “Phototeca”, il prestigioso periodico creato da Ando Gilardi e Roberta Clerici. La scoperta della Fotografia ha provocato nella storia delle immagini – iniziata circa quarantamila anni fa, quando l’uomo ha preso coscienza che l’impronta naturale e involontaria del suo piede nel fango sarebbe potuta diventare artificiale e volontaria – una ancora incompresa rivoluzione: nel saggio sono raccolti numerosi esempi di come la Fotografia ci ha costretto a guardare con uno sguardo nuovo le immagini che visualizzano, da milleseicento anni, la religione cristiana. Per sua natura, per la capacità insuperabile di riprodurre fedelmente la realtà, la Fotografia è un’immagine laica: è all’immagine manuale che è stato affidato il compito, da quando si sono sviluppate le civiltà stanziali, di rappresentare il potere religioso e politico. 

Due volumi racchiusi e venduti  in cofanetto.



Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Marchio editoriale
Töpffer edizioni
Pubblicato il 30/05/2023
pagine: Vol. I pp. 572, Vol. II pp. 594
2 volumi in cofanetto
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: FOTOGRAFIA E PAROLA
genere: Letteratura illustrata
tag: fotografia
ISBN: 9788888151342

Prezzo di copertina € 59.00
Prezzo promozionale € 56.05
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«Bisognerebbe allora avere il coraggio di rovesciare il tavolo di lavoro, come fece con irriverenza senza eredi quel guastafeste di Ando Gilardi con la sua Storia sociale della fotografia, relegare sullo sfondo i "grandi nomi" sopravvalutati e ripartire da una storia degli usi di massa, degli scambi, degli investimenti sociali ed emotivi che la fotografia continua a veicolare. Servono storici del presente per capire la gigantesca condivisione planetaria in corso su Internet, vera rivoluzione nella civiltà delle immagini.
Se non riusciremo a metterlo in prospettiva critica, questo flusso di immagini senza qualità ci travolgerà col suo illusorio eterno presente».

Così scriveva Michele Smargiassi su Repubblica del 29 dicembre 2010, e io non vorrei sconfessare per nessuna ragione al mondo questo bellissimo apprezzamento dell'ancora non del tutto capito enorme lavoro "irriverente" di Ando Gilardi, ma solo aggiungere che un piccolo, ma per me enorme, lascito ereditario io l'ho ricevuto dal "fotografo" di Arquata Scrivia. Non esiste uno studio che si occupi del nuovo sguardo con cui la scoperta dell’immagine fotografica ha costretto a guardare, più o meno consapevolmente, le immagini religiose, che, a datare dal quarto secolo, hanno per secoli quasi monopolizzato la “storia dell’arte”, che sarebbe più opportuno chiamare “storia delle immagini”. Il saggio Cartoline a Ponzone presenta le riflessioni sulle immagini, manuali e fotografiche, di Nello Rossi, un collaboratore di “Phototeca”, il prestigioso periodico creato da Ando Gilardi e Roberta Clerici. La scoperta della Fotografia ha provocato nella storia delle immagini – iniziata circa quarantamila anni fa, quando l’uomo ha preso coscienza che l’impronta naturale e involontaria del suo piede nel fango sarebbe potuta diventare artificiale e volontaria – una ancora incompresa rivoluzione: nel saggio sono raccolti numerosi esempi di come la Fotografia ci ha costretto a guardare con uno sguardo nuovo le immagini che visualizzano, da milleseicento anni, la religione cristiana. Per sua natura, per la capacità insuperabile di riprodurre fedelmente la realtà, la Fotografia è un’immagine laica: è all’immagine manuale che è stato affidato il compito, da quando si sono sviluppate le civiltà stanziali, di rappresentare il potere religioso e politico. 

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L'AUTORE
Nello Rossi
, un collaboratore di Fhototeca che ama definirsi un allievo fuori corso di Ando Gilardi, da anni pubblica le sue riflessioni sulle immagini nellaccount in Facebook Anchio offro la mia bacheca ad Ando Gilardi, lo spazio che era stato creato quando il grande quanto sincero studioso delle immagini era stato bannato per la seconda volta.
Dopo la scomparsa di Ando Gilardi (al quale aveva inviato i saggi digitali della collana Revisioni, editati da Lost Dreams Editions, che erano stati da lui entusiasticamente recensiti), per elaborare il dolore della perdita, aveva iniziato a spedire virtualmente a Ponzone, il paese dellAlto Monferrato dove Ando Gilardi si era ritirato, delle riflessioni iconologiche accompagnate da unimmagine: sono le Cartoline a Ponzone di cui in questo libro sono presentate quelle che, fra le 1303 spedite dal 25 novembre 2012 al 22 marzo 2021, si occupano del nuovo sguardo con cui le immagini religiose devono necessariamente essere guardate dopo la scoperta della Fotografia.

Töpffer edizioni
Pubblicato il 30/05/2023
pagine: Vol. I pp. 572, Vol. II pp. 594
2 volumi in cofanetto
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: FOTOGRAFIA E PAROLA
genere: Letteratura illustrata
tag: fotografia
ISBN: 9788888151342

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Grazie allassiduo interessamento dellamico Roberto Besana e alla coraggiosa decisione delleditore Paolo Paganetto, che entrambi sentitamente ringrazio, un desiderio dellamica Teresa Barberio, condiviso da Tita, che si ostina a condividere la sua vita con la mia, stato esaudito: dal 18 giugno 2023 met delle 1303 Cartoline a Ponzone, virtualmente spedite dal 25 novembre 2012 al 22 marzo 2021, sono sui banchi delle librerie. Per vederne un assaggio: https://www.nocsensei.com/.../nello-rossi-e-roberto.../ ; per ordinarle: https://www.librioltre.it/.../store/comersus_viewItem.asp... ) Si deciso di pubblicare solo questa parte delle Cartoline per due motivi, perch trattano del rapporto fra la Fotografia e le immagini religiose, un tema che non stato ancora oggetto di studio; e perch, per pubblicarle tutte, sarebbero stati necessari quattro volumi. Se le mie lettrici e i miei lettori mostreranno interesse per questa iniziativa ( mio figlio Stefano, che mi ha incoraggiato a pubblicare in internet le mie riflessioni sulle immagini, giustamente ritiene che questi saggi siano di nicchia), sono certo che Paolo Paganetto pubblicher anche laltra met delle Cartoline. Sottratte allo scorrere confuso e impetuoso del Librodeimusi, come mi piace chiamare Facebook, e averle a portata di mano sullo scaffale di una libreria per me motivo di grande piacere, anche tattile. Ma anche, talvolta, di una sottile inquietudine: mi capita infatti di rileggerne alcune, pubblicate tempo fa, con curiosit, come se non fossero state scritte da me.

Nello Rossi, 30/07/2023

 

 
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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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