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Walter Landini

Il vaso de los Tiburones

Gli squali del Pacifico americano raccontano

Prefazione di David Bellatalla  

Tra i denti dello squalo, con un vaso di terracotta precolombiano

 (Introduzione a Il vaso de los Tiburones di Walter Landini)

 

I significati di un’introduzione ad un libro o ad un volume, sono molteplici; questi possono svolgere diversi compiti con ovvi rimandi alle finalità che si prefiggono, oppure possono rappresentare un contributo personale nei riguardi dell’autore e/o al testo.

La sfida di una tale scrittura diviene più ardita quanto più lo scritto pervade gli interessi personali dello scrivente, le aree di interesse scientifico e il racconto delle esperienze dell’autore vissute in luoghi conosciuti da entrambi, e di conseguenza pregni di ricordi e di significati, attraverso una vibrazione emotiva che si accorda armonicamente con la coscienza dei sentimenti che li accomunano.

A prima vista, il titolo del libro potrebbe apparire misterioso e persino fuorviante; il testo richiede una prima ispezione, per quanto fuggevole e casuale; necessita del classico gesto del prendere in mano il volume dallo scaffale della libreria favorita (per Walter e per lo scrivente questa è stata spesso Libri Mundi della señora Marcela Garcia Grosse-Luemern e del marito, meglio conosciuto come il tuttologo, nella città ecuadoriana di Quito), osservare la copertina e sfogliare il testo fermando improvvisamente la mano su una pagina a caso; leggere distrattamente un paragrafo e, come per insciente e quasi magica attrazione, cercare avidamente in un’altra pagina nuovi indizi ammalianti e intriganti. 

Leggendo le pagine del libro di Walter, ci si incammina, come fa la piccola Alice nel Paese delle Meraviglie, ma nel nostro caso in un paese abitato da mastodonti, megasquali, capitani e pirati di ogni genere ma anche di tombaroli amerindiani a caccia di tesori e di preziose ceramiche precolombiane. Inevitabilmente ci si ritrova, assieme a Bianconiglio, a girovagare nei ricordi d’infanzia dell’autore, nei quali le paure ancestrali, la curiosità per l’ignoto e la sua voglia di scoprire ci rimandano alla sua vera sfida-avventura che va ben oltre quella personale del conoscere, un affascinante viaggio in cui anche il tempo perde la sua ovvia linearità (dove anche la fisica quantistica, i Buchi Neri, Einstein, Heisenberg e gli sciamani amerindiani tornano spesso a galla del grande oceano, per una ricerca-indagine di paleontologia applicata fuori dagli schemi).

Miti e leggende fungono da propellente per viaggi del Nostro, muovendosi nel tempo e nello spazio amerindiano, peregrinazioni e ricerce in cui l’imprevisto ancora una volta gioca un ruolo determinante nella storia del cammino evolutivo del piccolo e grande Sapiens. Inattese telefonate d’oltreoceano, sorprendenti ritrovamenti archeologici, incontri con personaggi impensabili nei luoghi più desolati del pianeta, sono solo alcune delle numerose tessere del grande viaggio che pian piano vanno a comporre il puzzle che comincia prendere forma, ma una nuova forma, fuori dagli schemi, come il manufatto della civiltà/cultura Tumaco-La Tolita nel Periodo Regionale Classico dell’Ecuador precolombiano, il vaso de los tiburones, il gigantesco predatore di tutti i mari, più grande di ogni altro: il tiburoneslodon, come quello raffigurato nel reperto recuperato dall’autore in un momento cruciale delle sue ricerce.

I capitoli del libro si muovono tra ironia, genuina innocenza, minuziose analisi dei ritrovamenti e investigazioni sull’evoluzione della megafauna marina, con illuminanti intuizioni e strategie oblique che ci forniscono tutti gli ingredienti delle alchemie speculative a cui l’autore ricorre sovente per esplorare nuovi territori interdisciplinari e multiculturali.

L’idea di raccontare i risultati di una ricerca scientifica attraverso un’esperienza personale non è di per sè una novità editoriale. È stata spesso usata come strategia letteraria per mediare tra le parti accedemiche e quelle scientifiche usando il romanzo in forma narrativa in modo altalenante; uno stile letterario che oggi pare aver trovato il suo momento di gloria.

Nel caso di Walter, le coordinate della sua scrittura sono ben diverse, procedono per una nuova rotta, lontana anni luce da quei lidi letterari, oggi meta di spensierati lettori-vacanzieri; il suo pennino s’intige d’inchiostro e poi scrive sul foglio, di getto, un pò come fanno le narici degli squali disposte perifericamente, perlustrando meglio lo spazio marino, per il nostro autore quello letterario, e tuttociò grazie al movimento sinuoso del suo racconto, delle analisi tra i reperti museali e dell’esperienza vissuta sul campo. Uno squalo scrittore, diremo noi.

Il suo testo si muove di volta in volta, paragrafo dopo paragrafo, seguendo i nuovi indizi, le testimonianze e le speculazioni cognitive che provengono dalle voci dei protagonisti del passato, come quelle di esploratori, archeologi, paleontologi e scienziati, ma anche di pirati e intrepidi comandanti, così come dei tanti personaggi incontrati sul campo, pescatori, eremiti, tombaroli, ricercatori e avventurieri, durante le peregrinazioni del Nostro lungo le sponde dell’oceano Pacifico.

Questi nuovi spunti consentono all’autore di poter fare il giro-di-boa, e intraprendere una nuova rotta per poter ripartire per nuove indagini da compiere, sempre spinto dai possenti venti della curiosità e della voglia di scoprire.

Le schede tecniche che concludono il testo, riportano Walter seduto dietro la sua vecchia scrivania, la cattedra all’università di Pisa, e vogliono esporre e riaffermare il suo impeccabile impegno accademico, ma anche far riecheggiare le sue consuete parole che aleggiavano nei corridioi dell’ateneo: “i dati; prima di tutto i dati, poi le considerazioni”; una frase che era persino giunta tra le tende nell’accampamento del sito di scavi archeologici nel deserto del Gobi in Mongolia.

Concludendo: ho letto il libro di Walter in un solo giorno, l’ho fatto inseguendo le pagine che scorrevano velocemente una dopo l’altra, celando i risultati delle nuove scoperte nella pagina successiva. L’entusiasmo e la passione scorrono come il sangue nelle arterie del volume, leggendolo non si può far altro che appassionarsi. C’è pane per ogni tipo di denti, ma attenzione ai denti dello squalo gigante, per quelli bisogna ricordarsi di portare con sè il vaso de los tiburones.

David Bellatalla



AUTORE/I Walter Landini
Nato a Portovenere (La Spezia) nel 1946, il professor Walter Landini è stato curatore del Museo di Geologia e Paleontologia dal 1974 al 1981. È stato professore associato dal 1983 al 2001, anno in cui è stato chiamato dall’Università di Pisa come professore ordinario di Paleontologia.
Nella sua carriera il professor Walter Landini ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo delle Scienze della Terra con i suoi studi sulla paleontologia dei vertebrati in Italia e all’estero. Ha prodotto oltre 150 pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali di grande prestigio. Tra i lavori di particolare risalto vanno ricordati i contributi sulla biogeografia del Pacifico Orientale in relazione all’evoluzione dell’istmo di Panama e sull’origine del popolamento delle Galapagos, l’arcipelago che, con il suo peculiare biota, è stato alla base della teoria dell’evoluzione di Darwin.
Nell’area mediterranea i suoi studi sui pesci del messiniano hanno portato alla confutazione del paradigma del disseccamento del bacino, grazie alla scoperta di comunità marine che attestano continuità, temporale e spaziale, dei popolamenti marini anche durante le fasi di stress geologico e biologico del bacino.
Dal 2004 al 2012 ha diretto il Centro interdipartimentale Museo di Storia naturale dell’Università di Pisa, contribuendo al suo rilancio in termini di riorganizzazione degli impianti espositivi, del Centro di educazione ambientale e di collaborazione con istituzioni locali, regionali e nazionali. Nel 2013 il comune di Calci ha conferito al professor Walter Landini la cittadinanza onoraria in riconoscimento al lavoro svolto per il rilancio della Certosa di Calci. Dal 2008 al 2012 è stato presidente del Sistema museale di ateneo (SIMA) e dal 2008 al 2012 delegato rettorale presso la CRUI per la Commissione musei.
Come responsabile scientifico della Rete museale italiana “Pangea”, da lui istituita nel 2004, ha realizzato spedizioni paleontologiche nel deserto del Gobi, nel Sahara Occidentale e nel cono Sudamericano. Queste spedizioni hanno portato alla scoperta di numerosi giacimenti fossiliferi, compresa la “valle dei dinosauri” nella provincia di Rio Negro in Argentina, uno dei più significativi giacimenti di titanosauri fino ad ora noti. Come museologo ed esperto di educazione ambientale, nell’ambito del progetto di cooperazione europea “Brasil Proximo“ ha ideato e progettato un Centro permanente di educazione ambientale nell’Alto Solimoes in Amazzonia (Brasile).
Già dalla metà degli anni ’80, ha sperimentato per la prima volta in Italia nuove tecniche di geofisiche (es. georadar) per la ricerca dei giacimenti paleontologici con metodi non invasivi, oggi applicate con successo in vari contesti ambientali.
Ha inoltre pubblicato un centinaio di articoli di carattere divulgativo, cataloghi museali, filmati e progettato nuovi musei naturalistici e stazioni scientifiche in Italia e all’estero (Ecuador, Argentina, Brasile).
Dal 2001 è responsabile editoriale della “Palaeontographia Italica”, una delle più antiche riviste di paleontologia a livello europeo ed è vice presidente della Società Toscana di Scienze Naturali.
pubblicazione con marchio

Töpffer edizioni
GENERE:

COLLANA: SCIENTIA

PUBBLICAZIONE: 08/10/2024

COVER: paperback con alette

RILEGATURA: brossura

FORMATO: cm. 24 (A) x 17 (L)

PESO: gr. 0

ISBN 9788888151441



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