Bisognerebbe allora avere il coraggio di rovesciare il tavolo di lavoro, come fece con irriverenza senza eredi quel guastafeste di Ando Gilardi con la sua Storia sociale della fotografia, relegare sullo sfondo i grandi nomi sopravvalutati e ripartire da una storia degli usi di massa, degli scambi, degli investimenti sociali ed emotivi che la fotografia continua a veicolare
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