VENT’ANNI DI COMMISSARIO MARE’

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04/12/2020, ore 05:48

Un “romanzo giallo”, come rivendica lo scrittore, non un semplice poliziesco, ma “opera degna, artigianato d’autore, narrativa tout court”.
Alla sua riedizione dopo vent’anni, grazie a Oltre Edizioni, l’opera mantiene ancora intatte le promesse, rievocando la prima inchiesta del Commissario Marè, che deve il suo nome al poeta e filosofo romano Mauro Marè, scoperto da Mario Quattrucci grazie al suo maestro e mentore Mario Lunetta (nella foto qui sopra, a sinistra, con Maurizio Barletta al centro e Mario Quattrucci a destra)
In un panorama “di genere” assai affollato in ambito nazionale e internazionale, Quattrucci riesce a delineare una figura originale e inedita, pur senza troppe sfaccettature, di un personaggio apparentemente torpido, rallentato, sornione – è proprio la tecnica di assalto prediletta verso le sue vittime – ma pronto a fare il balzo inaspettato e ferino per metterle stremate al tappeto.
“A Roma, novembre” racconta l’indagine che il commissario Marè deve condurre sulla morte del professor Nicola Cusano, un economista affermato e un tempo ben introdotto nel contesto pubblico, del quale è sodale da molti anni e a cui la sorella è sentimentalmente legata.
Spiacevoli, seppure attenti e scrupolosi, saranno perciò gli interrogatori in una nuova veste istituzionale a tutti i membri di questa famiglia alto-borghese romana. Il caso si presenta quanto mai intricato e indecifrabile: il professor Cusano si è suicidato, ma è stato anche ucciso, le perizie sono indiscutibili. Che cosa mai può essere accaduto?
Fin dall’inizio i sospetti si concentrano sulle due figure maschili del genero Giovanni Arnaudi e del marito dell’adorata nipote Andrea Fano, entrambi coinvolti in ambigui, spregiudicati e torbidi affari, e per questo fortemente osteggiati dall’integro e onesto professore. Siamo nel 1992, nell’Italia delle stragi di Falcone e Borsellino, dei misteri irrisolti, dei “suicidi” di Stato, e in una Roma livida, di un piovosissimo novembre.
Roma è centrale nel romanzo, nelle strade minuziosamente descritte dall’autore nella toponomastica dei luoghi, ma soprattutto nella parlata del commissario Marè e del suo amico scrittore Maurizio Trani, non troppo malcelato alter ego dello stesso Quattrucci. Un lessico concreto, corposo, sarcastico e graffiante, come è nella vera natura capitolina, che si esplica anche nei lunghi soliloqui di Marè, mentre cerca di dipanare con se stesso la complessa e inestricabile vicenda.
Quattrucci utilizza l’uso del vernacolo anche per tratteggiare e meglio rappresentare altri personaggi, come il toscano Pubblico Ministero Amilcare Vinci e il campano ispettore Gennaro Zocchi, con risultati assai gradevoli per il lettore.
E se la soluzione del caso arriva, con l’immancabile colpo di scena finale, purtroppo l’autore non può che denunciare la drammatica assenza risolutiva di quei drammi e tragedie della storia politica nazionale, tuttora sommersi ed occulti, che hanno insanguinato l’Italia.
Un bel romanzo, sempre attualissimo, che appaga i gusti sia degli appassionati giallofili, che degli amanti della bella letteratura.
Cinzia Esposito
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