«Nel Novecento le favole narrano il disagio e il disorientamento»

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28/12/2020, ore 18:13

Non solo Esopo, Fedro, La Fontaine, «Le mille e una notte », i Grimm, Collodi o Gianni Rodari: la favola in ogni tempo ha sedotto gli scrittori, e il Novecento italiano è ricco di autori famosi che si sono cimentati con la sua facile - apparentemente - struttura. La scrittrice Carla Boroni, professore associato di Letteratura contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, in uno studio molto interessante è andata alla scoperta di quelle che sono «Lenostre favole», selezionando ben 50 «Favole e fiabe di scrittori della letteratura italiana» (Gammarò Edizioni, XIV-376 pagine, 21 euro). «Il libro - premette la prof.Boroni - si propone di far rivivere favola e fiaba del passato attraverso alcuni scrittori del Novecento quali Gozzano, Palazzeschi, Moravia, Rigoni Stern, Arpino, Malerba, Papini, Elsa Morante, Soffici, Tonino Guerra,Camilleri e tanti altri, tutti "pezzi da novanta" della letteratura contemporanea. I testi, scelti con attenzione, possono servire per costruire unità di apprendimento per i bimbi della scuola primaria e dell’infanzia. La severità di tanti di questi poeti e prosatori nulla toglie alla freschezza delle composizioni proposte. A margine di ogni racconto sono proposti una nota biografica e qualche suggerimento per il lavoro in classe».

Intenti didattici e divulgativi a braccetto in questa antologia critica della favola?

Il libro è nato come Manuale per studenti di Scienze di Formazione primaria (per il mio insegnamento di Letteratura italiana contemporanea), ma i fruitori si sono aggiunti e stratificati. È un libro abbastanza unico nel suo genere. Un lavoro che presenta dubbi sul codice di valori che un insegnante può proporre, così come accade, proprio, per la favola moderna. Si è drasticamente esaurita la spinta educativa dei due secoli precedenti, che tanti nomi illustri e tante storie ci avevano regalato, con «happy end» quasi scontati e con la loro solida morale da perseguire. Il Novecento,con annesso questo ventennio del nostro secolo, si presenta contraddittorio, in equilibrio tra una volontà distruttiva e un costante desiderio di rinascita. Alcuni autori hanno riservato alla favola uno spazio specifico, non certo di secondaria importanza, all’interno della loro produzione. Si sono definiti autori di favole e si sono dedicati alla favola per lo più con intenti di rinnovamento del genere, sentendo la necessità di uniformarsi alle esigenze e agli orientamenti culturali delle generazioni alle quali si rivolgono, che esigono libertà di approccio.

Dagli antichi greci a Gianni Rodari, com’è cambiato nel tempo il mondo della favola?

Se in passato, da Esopo a Fedro, le favole offrivano consigli di prudenza necessari per la vita quotidiana, per salvarsi dalla violenza, dalla frode, da una società crudele, la favola del Novecento ha perso il carattere «moralistico» e dedica il suo spazio a narrazioni nelle quali i protagonisti non impartiscono lezioni esemplari, ma raccontano semplicemente quel che accade. Le favole del Novecento forniscono una rappresentazione della società che si rispecchia nel disagio dell’uomo e dell’intellettuale. Fin dai tempi antichi, la struttura delle favole consisteva nel contrasto-dialogo tra personaggi, risolto nella prevalenza dell’uno sull’altro. Il protagonista di tante favole del Novecento, invece, spesso non ha un antagonista se non la società in cui vive, e se stesso in tutto il suo disorientamento. Se la peculiarità stilistica di Fedro è la «brevitas», uno degli elementi caratteristici del sistema linguistico di Rodari (forse l’erede più «scapestrato» e interessante dei favolisti antichi), che gli deriva dalla sua formazione di giornalista e maestro, è la naturale inclinazione al racconto breve, cui si accompagna la personale tendenza alla narrativa del discorso letterario.

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