”Miss Marx” La figura titanica e sofferta della ”figlia del Capitale”

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29/12/2020, ore 12:24

Il libro inizia con la morte per suicidio di “Tussy” (Eleanor Marx) e questo può disorientare il lettore che forse si aspetterebbe di conoscere, man mano che va avanti con la lettura, il motivo per cui l’ha fatto. Ma l’intento, egregiamente riuscito da parte della scrittrice, era proprio quello di metterci davanti al fatto compiuto e portarci indietro, nel mondo a noi oscuro, della Londra di un tempo con approfonditi e sorprendenti riferimenti storici da vera esperta del periodo. Attraverso uno spettacolo realistico e affascinante e in un contesto politico in grande fermento, Tussy viene scavata nel profondo del suo animo e della sua psiche, con una minuziosità a volte anche crudele.
Nelle gravi difficoltà che incontra nella sua breve vita, Tussy non si risparmia mai, inventandosi di volta in volta lavori o attività che possono renderla indipendente o quantomeno distrarla dall’inizio del male oscuro, a lei ancora sconosciuto, ma che già la sta minando.
Bambina curiosa, ma mai invadente e che “usciva senza scarpe ma con un libro sottobraccio”, giocava con gli appunti del padre, da cui nascerà il “Capitale” e origliava dalla porta con la sorella durate gli incontri del padre con Engels al quale era fortemente affezionata.
La Minniti ci descrive Eleanor come una donna estremamente moderna, coraggiosa e incurante del “bel pensare” dell’epoca, tanto da convivere concubina con Edward Aveling, l’uomo che cambierà la sua vita. Lo lega a lui un amore appassionato che la rende succube e persino, inconsapevole alleata dei suoi tradimenti e sperperii.
Lo stile del romanzo è semplice e puro, quasi giornalistico e con interessanti riferimenti alla nostra quotidianità. Il suicidio di Eleanor è il pretesto, un ottimo pretesto, per immergerci in un affresco che descrive un’epoca, attraverso la descrizione di un’Europa che cambia e di un’ideologia protagonista del Novecento.
Tussy sapeva nascondere con grande abilità le sue nevrosi e mai si era lamentata o confidata con alcuno della sua solitudine interiore, cosa che, almeno in parte, avrebbe potuto alleggerire la sua emarginazione.
La sua passione politica, soverchiata dalla sua vita disperata, sarà minata nel 1881, dalla morte della maggior parte dei suoi familiari, che lasceranno un immenso vuoto, ma soprattutto grandi rimpianti e sensi di colpa.
S’ipotizza che il suo suicidio sia una vendetta contro Aveling che non riusciva ad abbandonare ma anche all’insoddisfazione per i magri risultati delle battaglie politiche cui aveva votato la sua esistenza. Vero è che la sua figura sottomessa e plagiata da i due uomini più importanti della sua vita, il padre e il compagno, ci fa riflettere sulla condizione immutata sulle donne.

Barbara Minniti, vive e lavora a Roma. Giornalista professionista, per anni cronista di un quotidiano romano, poi passata alla comunicazione pubblica e al giornalismo storico-scientifico, finchè non si è scoperta anche scrittrice. Nel 2005 ha pubblicato con Robin Edizioni il suo primo romanzo L’ombra della notte, seguito nel 2008 dal romanzo storico Casa Collins – Le memorie della segretaria inglese di Garibaldi, edito da Polistampa di Firenze. Attualmente è impegnata nel mondo del terzo settore, organizza eventi ed è Presidente di un’Associazione che si occupa della diffusione della lingua e cultura inglese.
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