Paesaggio e passaggio, l’umano svelato nel tributo in foto a Pietro Greco

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03/06/2021, ore 09:59

Un proverbio dice che quando l’uomo fa progetti, Dio ride. Ride della nostra illusione di poter comandare il destino ma, nonostante tutto, viviamo per progettare. Il giorno della scomparsa di Pietro Greco, in molti lo hanno ricordato dicendo che proprio pochi giorni prima lo avevano sentito per quel tal progetto da fare insieme. Progetti tutti diversi, perché Pietro Greco sembrava instancabile: l’impegno come saggista, giornalista, direttore di giornale, come conduttore radiofonico, come docente nei Master di comunicazione della scienza e, con la pandemia, sembrava aver raddoppiato anche il suo impegno negli incontri con il pubblico, facilitati dai webinar.

 

La lezione di Pietro Greco agli studenti del corso di
Divulgazione naturalistica sulla comunicazione della scienza

 

Un progetto divenuto tributo

Stava progettando anche un nuovo libro fotografico con Roberto Besana, un libro che seguisse L’albero, presentato poche settimane prima della scomparsa del chimico divulgatore. E quel progetto Roberto Besana non l’ha accantonato ma lo ha trasformato in un tributo all’amico, chiedendo ad altri 65 amici di Pietro (65 come gli anni che aveva al momento della sua morte) di scrivere pensieri, parole, riflessioni sul nostro paesaggio in cambiamento a corredo delle 65 foto in bianco e nero dello stesso Besana. È nato così Il paesaggio, un libro fotografico diviso in quattro parti a cui hanno contribuito tanti nomi del giornalismo scientifico, ambientale e della divulgazione che molto devono al lascito di Pietro Greco. Fra i contribuiti, anche le parole di Rossella Panarese, ideatrice di Radio3 Scienza, anche lei prematuramente scomparsa pochissimi mesi dopo Greco. Ad ogni autore è stata lasciata libertà di interpretare l’immagine prescelta, ne è nato un volume che alterna ricordi dell’amico a riflessioni sul tempo che passa, riferisce dell’opera di cambiamento dell’uomo sul paesaggio, fa riflettere sulla compenetrazione tra mano umana e natura, sulla vita in armonia, sulla sua distruzione.

 

Paesaggi, o della natura come costruzione

La premessa è che il paesaggio non è la natura in quanto tale, ma è una sua elaborazione, una sua costruzione. Quello che la macchina fotografica coglie è un momento di una porzione scelta di spazio: la luce, la profondità o il dettaglio condizionano la percezione, portando i 65 autori a vedere e sentire in modo diverso questa costruzione. Paesaggio che è anche luogo dell’anima e del ricordo: ed allora la natura prepotente che si fa spazio tra mura diroccate diventa il ricordo di una pur vicina vita rurale, l’ombra degli alberi che si allunga al tramonto suscita la riflessione sul tempo umano scandito dal sole e sostituito invece dagli impegni calendarizzati in agenda. Nelle foto, nuvole grigie e cariche di pioggia schermano accecanti bagliori solari esaltati dal bianco e nero, che non lasciando ai colori la possibilità di suggerire momenti e storie, fa concentrare sul gioco delle ombre e dei particolari. Vediamo impronte sulla neve candida, la verticalità delle vette contrapposta all’orizzontalità delle linee elettriche che con forza dichiarano la presenza umana, così come le betulle ordinatamente allineate sull’argine del fiume, che creano linee e schemi umani che la nebbia della valle padana prova a confondere.


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