«La realtà romanzesca» di Mino Milani

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26/01/2022, ore 11:11

Oltre cinquant’anni fa, usciva in prima edizione una raccolta dei migliori articoli di una rubrica seguitissima, tra storia, attualità, cronaca e immaginazione, curata da Mino Milani sulla “Domenica del Corriere”. Era un settimanale illustrato molto diffuso, del Gruppo editoriale di via Solferino e dal 1964 al 1977 per oltre settecento settimane quelle storie del giornalista pavese sono state tra le più attese. Gammarò Editore, marchio legato a Oltre Edizioni di Sestri Levante, ha riproposto l’antologia di cinquanta racconti: il titolo riprende quello della rubrica e delle varie edizioni del libro dal 1967, La realtà romanzesca (300 pagine).

È una delle più di trecento pubblicazioni, tra romanzi, saggi, racconti, nella lunga carriera letteraria dell’ultranovantenne Milani (Pavese, 1928). Citare i testi a sua firma o proposti con vari pseudonimi richiederebbe un mezzo centinaio di pagine a stampa. Ha spaziato tra i generi più svariati, dalla storia alle biografie alla narrativa per ragazzi (pur considerandosi soprattutto un narratore della storia risorgimentale). Ha scritto soggetti, adattamenti e testi per fumetti (lavorando nella redazione del “Corriere dei Piccoli” per un decennio). È stato romanziere, soprattutto d’avventura e talvolta di fantascienza, anche neo-divulgatore di miti. Di tutto e sempre al meglio del suo superiore talento letterario. Un autore dalla scrittura agile, leggibile ma mai convenzionale, impeccabile e attendibile sul piano storico, fantasioso e stravagante il giusto, adatto a tutti.

La Realtà romanzesca era una rubrica della Domenica del Corriere, per quanto non fissa e di firme diverse, prima che il direttore Gugliemo Zucconi avesse l’intuizione di affidarla alla prosa di quel pavese non ancora quarantenne e di renderla stabile. Grande successo. Anche i più giovani attendevano ogni settimanalmente il nuovo episodio in cui “la verità supera la fantasia” (così veniva presentato), certi che Mino li avrebbe fatti trepidare per la sorte dei protagonisti e immancabilmente sorpresi nel finale.

Riusciva a trovare nella cronaca e nel passato vicende che si prestavano alla tecnica narrativa caratteristica di quella pagina, alla “quando tutto sembrava perduto”, “all’ultimo minuto”, all’insegna “dell’incredibile ma vero”.
Come il giornalista Beppe Benvenuto ricorda nella prefazione, Milani ha sempre sostenuto d’essersi ispirato a fatti veri, realmente accaduti, cogliendone l’aspetto fantastico che li faceva sembrare “frutto di un’invenzione fantastica talmente sfrenata da essere accostabile a un capriccio surrealista”. Tutte storie al limite, eccentriche, bizzarre. In luoghi, tempi ed epoche differenti.

“All’origine di ogni pezzo un evento di cronaca, non per forza clamoroso, che però l’autore solleva a nuova vita, grazie anche al ricorso a finali a effetto, imprevedibili, spiazzanti. Che modificano un destino e spesso mettono al riparo da una tragedia annunciata”.

La maestria del giornalista e scrittore emerge prepotente, anche da testi tanto brevi. C’è il terzo racconto, “Appuntamento in prima linea”, che porta i lettori sul fronte della prima guerra mondiale, davanti alle rovine dell’abitato di Selo e sotto il fuoco inesorabile delle mitragliatrici e artigliere austriache. Provengono dal “monte” Hermada, altura di appena 323 metri sul livello del mare, dominante la strada per Trieste, resa dal nemico una fortezza imprendibile (mai conquistata, fino all’armistizio del 4 novembre). In quelle righe si può apprezzare una descrizione dei combattimenti e dello scenario di desolazione e morte degna delle migliori pagine sulla Grande Guerra. Un autentico gioiello letterario e storico.

Esemplare, anche il primo dei cinquanta pezzi selezionati per questo volume, “Mezzo minuto”. Introduce tutti i caratteri della rubrica. Vi si coglie il modello seguito dalla scrittore. Rapida ma efficace presentazione delle circostanze e dei protagonisti. Fulmineo precipitare della situazione drammatica. Irresistibile crescendo della tensione (tanto più che quanto si sta verificando sembra privo di via d’uscita). Colpo di scena e salvezza in extremis. Una ricetta capace di conquistare chiunque, dosata da un Maestro come Milani.

Trova spazio anche il grande esploratore britannico Henry Stanley. A fine maggio 1871, è da quasi tre anni in Africa centrale. Un viaggio impegnativo, col raro sollievo della lettura delle opere di Shakespeare, in un grande libro che porta nel suo bagaglio. Un altro volume al seguito è il diario su cui annota i preziosi appunti della spedizione, osservazioni, scoperte geografiche, botaniche, naturalistiche. La tribù amica ma guerriera dei Babwende circonda il campo e minaccia di uccidere tutti, se non distruggerà il libro su cui traccia dei segni neri. La temono come una magia cattiva. La vita in cambio di tre anni di sacrifici? Un tomo finisce nel fuoco, per il sollievo dei nativi: Stanley e la scienza sono in debito con un uomo vissuto duecentocinquant’anni prima. “Grazie, William”.

La storia è l’unica cosa certa che abbiamo, ripete Milani, perché il futuro deve accadere, non lo possediamo e il presente è soggetto a cambiamenti che ci sfuggono.


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