L'albero, dialoghi tra Fotografo e Scrittore |
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22/04/2022, ore 06:37
| In genere il lettore avvicinandosi a un libro si sofferma sulla copertina. Di fronte alla copertina di questo libro ci si ferma, e a lungo. Il bosco, selva scura dove spiccano tronchi eretti e chiari, immagine evocativa di paura e incertezza. Un sentimento diverso suscita il titolo: un riquadro con la parola ALBERO preceduta dall’articolo determinativo a significare proprio l’albero come individuo proprio lui, quello con il tronco legnoso, parola ripetuta a specchio a far intuire la simmetria radici-chioma. E poi il lettore si immerge, quasi non può farne a meno, in immagini e parole di poeti e scrittori. Pietro Greco, di cui tutto il mondo scientifico sente la mancanza, con la sua capacità descrittiva tipica di chi sa diffondere la scienza anche ai non addetti, affronta ambiti della conoscenza strettamente legati agli alberi, ciascun testo è accompagnato da immagini realizzate dal fotografo Besana. Si parte dal biblico albero della conoscenza al quale si associano altri alberi: il diagramma ad albero che ci permette la classificazione o l’albero genealogico per conoscere la storia dei nostri antenati a partire dalle scimmie antropomorfe. Alberi della selva oscura dantesca dove il Sommo poeta teme di aver smarrito la strada ma nell’oscurità dell’ignoto Dante stesso sa trovare il bene. E noi uomini immersi nella società del consumo ci fermiamo di fronte a una poesia di Rodari sul pianeta degli alberi di Natale, a una citazione di Grazia Deledda nel suo racconto l’assassino degli alberi. Qui il protagonista deve scontare per pena una settimana di lavoro gratis per ciascun albero ammazzato. Greco condivide una riflessione: una pena così andrebbe comminata ai mandanti della deforestazione speculativa e i suoi conteggi in settimane di lavoro a ripiantare alberi dà la misura dello scrittore scienziato. Così come nel capitolo “Il peso degli alberi” dove riprende lo studio di tre ricercatori israeliani che hanno dato un “peso” alla biomassa terrestre. Ebbene le piante da sole pesano oltre l’80%, i minuscoli batteri il 13%, gli organismi eterotrofi ovvero gli animali lo 0,4% di cui gli umani rappresentano lo 0,01%. Spaventano queste percentuali? O preoccupa di più il fatto che i rappresentanti del genere umano dalla loro comparsa hanno dimezzato la biomassa vegetale? Ma quanto siamo vicini noi umani agli alberi? Ne facciamo parte integrante e Greco lo riprende da Ovidio nelle sue Metamorfosi dove cita il mito di Mirra madre di Adone che per sfuggire al meritato castigo, chiedendo al dio di lasciarla sospesa tra la vita e la morte, viene trasformata in albero che stilla lacrime profumate. E siamo vicini agli alberi perché da loro dipendiamo per la nostra vita; è scientificamente provato che questi meravigliosi viventi esistono sulla Terra da 450 milioni di anni. Possiamo quindi rasserenarci perché la capacità di adattamento, di evoluzione e diversificazione dimostra che saranno in grado di sopravviverci, considerando lo scarso senso di responsabilità che l’autodefinitosi Sapiens dimostra. Tra l’Infinito di Leopardi, Pianto antico di Carducci, Tancredi ed Erminia nella Gerusalemme liberata di Tasso, tra poesia epica e intimistica, tra prosa di ricercatori e scrittori internazionali, si snoda un percorso che arriva alle nude radici dei pini divelti dalla tempesta Vaia alla quale Sapiens ha contribuito accelerando i cambiamenti climatici. Come chiamare questo libro se non manifesto dell’amore verso gli alberi? E magari, oltre a dettagliate conoscenze scientifiche, proprio questo volevano comunicarci i due autori!
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