Il suo stile di scrittura è un po’ come lei: essenziale e senza inutili fronzoli, eppure allo stesso tempo ricercato nelle parole scelte con attenzione, denso nelle frasi che svelano ricchezza di contenuto, ironico il giusto come sempre dovrebbe essere l’approccio al quotidiano. La codognese Cristina Cigognini ama la scrittura e la potenza della parola ma soprattutto ama le storie che dalla scrittura nascono. Dal 2019 ne ha pubblicate una quindicina di autori anglofoni in qualità di editore della casa 8tto Edizioni da lei fondata assieme a due amiche, adesso la storia l’ha scritta a sua firma. Capovolgendo i ruoli: lei scrittrice, il suo romanzo d’esordio intitolato “Topografia di un paese nebbioso” e pubblicato per Oltre Edizioni. «Se sono più editrice o scrittrice? Sicuramente mi sento legata alla magia del testo scritto, alla capacità di una storia di trasformarsi in una porta aperta verso un mondo diverso. Dove le emozioni di chi scrive e di chi legge si mescolano e si confrontano in un’osmosi reciproca». La “porta” del suo libro catapulta in un giallo ambientato nel basso Lodigiano, nella cittadina di fantasia “Conaglia” (unione dei nomi Codogno e Somaglia), la cui tranquillità viene sconvolta da un omicidio. È sullo svolgersi delle indagini che l’autrice pennella con maestria i personaggi, in primis Arrigo Corvi, singolare commissario di polizia, laureato in letteratura inglese, studioso di Shakespeare e con un cane, un bracco, anch’esso dal nome letterario, Jeeves. E poi Adelaide Dolci, architetto e madre single di due bambine, la sorella Costanza, avvocato, la loro madre Noemi, non dimenticando i personaggi minori (come non affezionarsi all’affiatata squadra dei colleghi di Corvi...). La trama fila e cattura alla lettura, con la storia che prosegue con un secondo cadavere e il tentativo di un terzo omicidio. Oltre non spoileriamo, aggiungiamo solo che nel libro traspare tutto l’affetto di Cigognini verso la “sua” Bassa, vista con gli occhi del commissario Corvi e restituita con immagini in agrodolce: l’ammantare morbido della nebbia e il silenzio della campagna ma anche le lunghe distese di capannoni e l’urbanizzazione selvaggia che nei decenni quella stessa campagna ha abbruttito.
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