Cosa accade quando all’improvviso scopri che i tuoi genitori ti hanno adottato perché credevano di non poter avere figli e poi tutto è cambiato quando il figlio desiderato è finalmente arrivato? Accade che si infrange tutta la vita, non hai più certezze, ti senti di troppo in casa tua. È quello che accade a Marta, studentessa universitaria di medicina, che in un giorno come tanti ascolta una conversazione che non dovrebbe ascoltare e scopre che coloro che ha sempre chiamato mamma e papà in realtà non lo sono: è stata adottata. Questa rivelazione rende chiare tante cose, tanti comportamenti, tanti scollamenti che lei sentiva nei confronti dei suoi genitori soprattutto suo padre, finché non sente dalla sua voce di non essere sua figlia, ma soprattutto sente nella sua voce un distacco affettivo che la ferisce e distrugge.
“Per quanto ancora vogliamo tormentarci? L’abbiamo cresciuta al meglio delle nostre possibilità, non le abbiamo fatto mancare nulla, ma lei è sempre insoddisfatta, non le va bene niente. In casa c’è tensione, perfino Andrea comincia a risentirne. Con le buone o con le cattive, dobbiamo far sì che Marta cambi atteggiamento. Ora tocca a noi pretendere. Sarebbe ora che si rendesse un po’ più autonoma, ad esempio.” […] “Non accetterà mai. Si è messa in testa di diventare medico e non rinuncerà. È nostra figlia, Alberto, la conosciamo bene.” “Adottiva. Figlia adottiva. Chiamiamo le cose con il loro nome. Se fosse davvero figlia nostra, forse non saremmo in questo guaio”.
Va via di casa, Marta. I genitori non la cercano e le bloccano la carta di credito. Diranno in seguito, per spingerla a tornare. Ma non accade Marta diventa una senzatetto, dedita agli abusi, finché non incontra in strada dove ormai vive Zaclina, una ragazza rom che la porta con sé nel suo campo rom. È la storia di un’amicizia importante, quelle amicizie capaci di durare una vita, nonostante le diversità profonde culturali ed etniche. Zaclina la porta con sé, Marta vive nel campo rom per sette mesi, il clan le offre protezione in cambio della sua esperienza di studentessa in medicina. La convivenza non è facile, le differenze sono troppo grandi. Sicuramente non è un periodo facile nella vita della ragazza ma in quel momento lei ha bisogno di cure, vivere nel campo rom la cura, la riporta alla vita, le diversità sono davvero abnormi, il capoclan fa vivere tutti nella miseria e nella malattia nonostante abbia una piccola fortuna ben nascosta nella sua roulotte. Marta non riesce ad accettare che i bambini non abbiano cibo a sufficienza e che non siano curati quando si ammalano. Quando una bambina perde l’udito perché non è stata curata una semplice otite, Marta capisce che le differenze non potranno mai essere colmate. Quando si rende conto che anche la sua amica Zaclina è malata, Marta la porta in ospedale dove finalmente l’amica si riprende con le medicine e il cibo regolare ricevuto. Non riesce ad accettare che la sua amica non abbia la possibilità di avere a sua disposizione le medicine necessarie a curarsi solo per l’avidità del capo clan, decide di rubare i soldi necessari a comprare le medicine. Viene scoperta e picchiata a sangue, forse sarebbe morta se Adrian, un rom per lei molto speciale, la riporta a casa. Casa sua non l’aspetta, la sua cameretta è stata trasformata. Il suo andare via è stato accettato molto bene dalla sua famiglia adottiva, forse una liberazione… In fondo non l’avevano mai sentita figlia loro, e forse la nascita di un figlio naturale ha fatto nascere in loro differenze affettive diventate con il tempo incolmabili. Marta ne ha preso atto da subito, ha capito che lo scollamento era avvenuto con la nascita di Andrea. Il campo rom l’ha rimessa in piedi, le ha consentito di trovare se stessa, la propria essenza. Le differenze hanno aperto in Marta nuovi orizzonti, la rabbia che provava in famiglia si è trasformata in forza, ha imparato a contare solo su di sé e a trovare la propria dimensione nel mondo. Ora Marta sa cosa vuole dalla vita. L’amicizia di Zaclina è stato un faro nella nebbia per lei. Anche dalle esperienze difficili possono nascere fiori. Se si rispetta l’identità altrui, il confronto tra mondi diversi può arricchire e creare quelle amicizie speciali che durano per sempre. L’ordine infranto infrange il mondo di Marta, lo stravolge, mette in discussione la sua stessa essenza. Un libro che parla della vita, quella vera, quella non politically correct, dove tutti sono buoni e i genitori sono un faro nella nebbia. Lo scollamento che la ragazza sentiva sotto la pelle era sensibilità affettiva, come una pioggia di vetri che colpisce, lei sentiva sotto la pelle il distacco di chi avrebbe dovuto amarla e proteggerla, anche se figlia adottiva. In un mondo perfetto i figli sono di chi li cresce e li ama. Ma non sempre è così, a volte un figlio serve solo a colmare un vuoto. Le conseguenze sull’anima del figlio sono incalcolabili, sono i crimini che ogni giorno si consumano nel cuore delle famiglie apparentemente perfette. Ma l’ordine infranto non è solo questo. È anche il libro dell’accettazione di sé, di accettazione delle diversità che se accettate possono salvare, possono curare e creare dei rapporti importanti oltre ogni pregiudizio. La conoscenza e l’atteggiamento aperto, quello di chi non si erge a giudice della verità, può annullare ogni diversità, anche quelle apparentemente più incolmabili. La vita vera, dove nessuno si salva da solo è l’essenza di questo bel romanzo di Maria Teresa Cascella. Un libro che consiglio veramente a tutti, in un’epoca dove ogni tipo di diversità fa paura…
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