Opera originalissima, questo Codex Rubens, graphic novel realizzata in collaborazione tra l’illustratore italiano Marco D’Aponte e gli autori francesi Michel Hoëllard e Nathalie Neau. Sospesa tra il fascino senza tempo della figura del grande pittore fiammingo Paul Rubens (vissuto tra il 1577 e il 1640) e il mistero di una narrazione che interseca piani temporali e narrativi appartenenti al nostro presente e ad epoche lontane, ci conduce attraverso le tappe della vita di Rubens interpolandole con elementi surreali come suoi incontri con artisti novecenteschi (e non solo), creando così un mélange perfetto di biografia e ucronia che ha qualcosa del film Midnight in Paris di Woody Allen.
La vicenda di un gruppo di giovani artisti in quel di Colonia, in Germania – in particolare una performer e un fumettista che, mentre ristrutturano un appartamento, ritrovano un antico manoscritto illustrato, opera di Rubens nella quale lui stesso raccontava la sua vita –, offre il pretesto narrativo di fondo. Questo fa da (sia pur importante e articolata) cornice “attuale” al tuffo nel passato che costituisce il corpo principale dell’opera e che, a sua volta, è una sommatoria complessa di storie immerse nella Storia. Sì, perché tutte le pagine e tutti i quadri di questo autentico romanzo per immagini sono imbevuti dello spirito del tempo, il nostro di oggi e quello – anzi, quelli – dei secoli passati.
Entriamo così mani e piedi, guidati da testi e immagini di notevolissima intensità, in quello spirito multiculturale, cosmopolita e itinerante che fu il combustibile della vita di Rubens, ripercorsa nella sua interezza. È un po’ come se accedessimo alla “scatola nera” della mente di un grande artista eternamente girovago – sia pur in contesti di grande prestigio e con altissimi riconoscimenti artistici e professionali –, che proprio per questo imparò a pensarsi in tanti mondi, tante lingue e tante culture, con quello che potremmo chiamare, ante litteram, uno “spirito Erasmus” – tanto per rifarci a un altro gigante della cultura europea nato a Rotterdam, dunque non molto più a nord dell’Anversa di Rubens, e morto una quarantina d’anni prima che lui nascesse. Uno spirito che, peraltro, proietta la sua eco carica di entusiasmo e creatività anche sui giovani protagonisti della parte ambientata a Colonia.
Il maggior pregio di quest’opera di D’Aponte, Hoëllard e Neau è quello di aver saputo rendere con intensità la fantasmagoria di pensiero e azione creativa – ma anche, in una certa misura, politica, dato che Rubens svolse funzioni diplomatiche alla corte di re Filippo IV di Spagna e a quella del monarca inglese Carlo I – che, insieme all’amore, fu la costante fonte di alimentazione dell’esistenza del pittore fiammingo. Arrivando a proporci gli “assurdi” degli incroci con Picasso e altri geni di epoche successive, forse per dirci che le vite pienamente vissute e capaci di attingere alla piena realizzazione artistica, passionale e spirituale travalicano gli apparenti limiti dello spaziotempo, interagendo – come in un singolarissimo entanglement – con altri frammenti vaganti di Eterno fuoriusciti dalle pieghe della Storia.
|