*Memorie e impressioni (28 agosto 1941-7 maggio 1945)* di Giuseppe Sannazzaro-Natta

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21/09/2023, ore 05:18

Lo sguardo lucido di un militare e nobile monferrino sulla Seconda guerra mondiale. Gli appunti si aprono a fine agosto del 1941, con le previsioni sull’esito probabilmente infausto per l’alleanza italo-germanica, nel caso di un allargamento del conflitto all’Oriente e agli Stati Uniti pro Inghilterra, la guerra per l’Asse sarebbe perduta al 50%. Si chiudono con la resa tedesca anche in Europa il 9 maggio 1945, dopo quella delle truppe in Italia, firmata il 2 maggio.

Queste note del conte Giuseppe Sannazzaro-Natta costituiscono la parte centrale di un breve volume, Memorie e impressioni (28 agosto 1941-7 maggio 1945), pubblicato a febbraio da Gammarò, del gruppo ligure Oltre Edizioni (2023, 100 pagine), nella collana Famiglie Storiche d’Italia, con il patrocinio del Centro Studi Piemontesi.
Il testo del colonnello Sannazaro-Natta, conte di Giarole, è preceduto da un saggio introduttivo La dignità della funzione, scritto dal curatore dell’edizione, il ricercatore Giorgio Federico Siboni ed è seguito dalla postfazione del nipote omonimo L’immagine della memoria, detto Giose, dal diminutivo in famiglia del nonno: Josey.

Nel 2021, Siboni è stato incaricato dalla famiglia Sannazzaro-Natta di esaminare alcuni taccuini, rinvenuti tra i lasciti agli eredi di Uberto, quinto dei figli del colonnello. Un piccolo fondo comprendeva il diario personale del conte, i dieci fogli numerati di queste memorie, oltre a tre diari manoscritti della seconda moglie, Amelia Amman.
Le carte dell’aristocratico piemontese coprono un ciclo temporale da fine agosto del 1941 alla prima decade del maggio 1945, vale a dire dal manifestarsi di nuovi scenari politico-diplomatici del secondo conflitto mondiale fino alla caduta del nazifascismo.

Scritte a mano, con inchiostro blu-nero e in un corsivo netto e preciso, le note rivelano un’impostazione stilistica che ricorda molto le disposizioni del Comando Supremo italiano durante la Grande Guerra.
Al di là della forma, evidenziano in modo elegante la realtà difficile con cui il conte, i parenti e i contemporanei si stavano misurando e rappresentano nell’insieme un documento oggettivo di quegli anni. Infatti, compiono un passo avanti rispetto alla memorialistica consueta: non si limitano alla descrizione degli accadimenti, ma si impegnano a interpretare il significato degli eventi, a comprendere la loro portata e anticipare il probabile esito.

Nato il 30 agosto 1875 nel castello paterno di Giarole, nei pressi di Casale Monferrato e morto nel 1948, Giuseppe ereditò da terzogenito il titolo nobiliare del conte Giacinto nel 1939, alla morte del fratello maggiore Giovanni Battista. La primogenita aveva preso i voti e comunque non avrebbe partecipato alla successione in linea maschile di un titolo comitale che aveva avuto origine otto secoli prima, concesso da Federico Barbarossa nel 1163.

Dopo l’Accademia di Modena, avviò nel 1896 la carriera militare nel Reggimento Cavalleggeri di Roma. Era capitano allo scoppio della prima guerra e dopo un periodo nella zona di Gradisca assolse l’incarico di addetto militare in Spagna. Accolta nella primavera 1918 la domanda di collaborare allo sforzo bellico del Regno d’Italia, operò come ufficiale di collegamento nella Missione dei paesi neutrali sul fronte italiano e poi presso il Comando delle truppe alleate britanniche, tra Nervesa e le Grave di Papadopoli, sul Piave.
La crisi agricola, economica e finanziaria che colpì i possidenti italiani nel primo dopoguerra lo vide scegliere come molti colleghi il collocamento nella riserva e l’impiego in importanti aziende private: per lui furono prima il Lloyd Sabaudo a Napoli e Genova, poi la Società Nazionale Olii Minerali, da cui nascerà l’Agip.
Richiamato nell’Esercito all’entrata in guerra, venne assegnato alla Commissione italiana armistiziale in Francia, col grado di colonnello e funzioni direttive. Il dopo 8 settembre 1943 lo vide rientrare in una Cuneo occupata fin dal 12 dalle Waffen SS e controllata severamente da tedeschi e repubblichini. La famiglia esprimeva sentimenti antifascisti, con un figlio internato militare in Germania (Uberto, il papà di Giose), un altro non disposto a collaborare con i nazisti e il primogenito imprenditore costretto a farlo suo malgrado.

Il conte accettò di occuparsi dei pagamenti a truppe e fornitori, non più versati dopo l’armistizio di settembre, ma solo per assicurare risorse economiche alle famiglie, in un momento difficilissimo. Ebbe presto modo di verificare malversazioni e concussioni nelle forniture militari per la RSI, ma le sue contestazioni del malaffare indussero le autorità repubblichine ad allontanarlo dall’amministrazione finanziaria, per mettere a tacere le voci sulle irregolarità.
Raggiunse solo a stento la moglie in Brianza e visse gli ultimi mesi del conflitto avvicinandosi alla Resistenza militare. Mantenne sempre uno sguardo aperto, attento e competente sulle vicende del conflitto.

Le memorie si concludono con due note.

2 maggio 1945: resa tedesca in Italia e fine delle ostilità alle ore 14.
7 maggio 1945, resa incondizionata dei tedeschi su tutto il fronte europeo. La guerra è terminata in Europa un mese o due prima di quando avrei creduto, non prima però che gli Alleati occupassero verticalmente tutto il territorio tedesco. Chiudo così alcune mie memorie e impressioni di questa sciagurata guerra, che ha causato una cosi immane rovina nel nostro povero Paese, e che ho previsto e paventato fin quasi dal suo inizio.


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