La manipolazione della natura
Le Uova fatali di Bulgakov di Marco d’Aponte edito da Töpffer (Oltre Edizioni), è un racconto fantastico ma di straordinaria attualità. La storia di Bulgakov riprende vita nelle pagine colorate di Marco d’Aponte che con grande maestria restituisce al lettore una storia dal ritmo serrato con personaggi e situazioni grottesche. Come ci racconterà lo stesso d’Aponte in questa bella intervista, il tema del racconto, cioè la manipolazione della natura da parte dell’uomo, è oggi di grande attualità e ci impone una profonda riflessione.
Per chi non ricordasse la trama, vi riporto un piccolo riassunto, per chi invece non l’ha mai letto, beh, direi di cominciare dalle Uova fatali di Bulgakov di d’Aponte!
Ringrazio l’autore per il tempo che mi ha dedicato perché, come leggerete nell’intervista, ho cercato di spaziare quanto più possibile per placare un minimo la mia curiosità nei confronti del suo lavoro e della scelta di Bulgakov per il suo ultimo lavoro.
Le Uova fatali di Bulgakov
La storia si svolge in Russia, a Mosca, nel 1928, dove il professor Persikov, scienziato esperto di rettili e anfibi, scopre per caso un misterioso raggio rosso che moltiplica e potenzia l’attività cellulare. Una moria di polli nel paese sarà il pretesto per richiedere, da parte delle autorità sovietiche, l’impiego del raggio rosso del professore per risolvere la crisi alimentare. Espropriato d’autorità del suo macchinario di cui ancora non sono state provate le potenzialità, il professore si troverà ad essere suo malgrado protagonista di una catena di eventi catastrofici. L’intervento nella vicenda di sprovveduti e ambiziosi funzionari provocherà equivoci burocratici, scambi di casse di uova e sfortunate circostanze che metteranno in moto l’inarrestabile marcia su Mosca di enormi e voraci rettili che funesteranno l’estate russa, fino all’imprevista soluzione finale.
Intervista all’autore
Salve Marco, lei è nuovo al pubblico di Sguardo ad Est, si può presentare brevemente? Ci racconta di cosa si occupa e cosa le piace?
Ho iniziato a disegnare e poi scrivere fumetti negli anni 80. Ho fatto i classici studi all’Accademia e ho sempre dipinto. Sono due grandi passioni che mi occupano in modo quasi totale. Sono stato insegnante di Discipline pittoriche in un Liceo Artistico torinese, e nel contempo ho fatto molta illustrazione per l’editoria per ragazzi e per la scolastica. Mi piace il mare e da qualche anno io e mia moglie viviamo gran parte dell’anno a Sestri Levante.
Sono un lettore di fumetti e amo leggere e guardare il lavoro degli altri autori, sia quelli storici, soprattutto europei, che quelli emergenti. Trovo che c’è sempre qualcosa da imparare. Così come c’è da trarre ispirazione dalla pittura che spesso entra nei miei fumetti in vari modi. A volte a trarmi di impaccio e ad aiutarmi a risolvere qualche problema figurativo è spesso la pittura. Gli artisti che posso dire che mi piacciono sono tanti, di epoche e stili diversi.
Sono molte le modalità creative che il fumetto può fagocitare, sia a livello visivo che sintattico e poi restituirle in forme nuove e originali. Il fumetto, inoltre, tra le arti sequenziali è meno condizionato di altre dal mercato o da aspetti tecnici, e chi vi opera ha molta libertà espressiva.
Non è la prima volta che lei mette la sua creatività al “servizio” della letteratura. Cos’è che la stimola quando sceglie di trasformare in graphic novel un romanzo o un racconto?
Alcune scelte nascono da libri che mi sono piaciuti molto, in altri casi amici scrittori mi hanno proposto di trasformare i loro romanzi in fumetto, come nel caso di Marino Magliani o Pit Formento e in quei casi sono state scelte condivise. Come nel caso di “Sostiene Pereira” che è un romanzo che ho immaginato a disegni già quando l’ho letto, o di “La ricerca del legname” di Magliani che per me è nato per immagini ancor prima che per parole.
Diciamo che se il romanzo mi suggestiona suggerendo visioni, il gioco è fatto. Ma non è così per tutti i romanzi. Ve ne sono di più adatti di altri. Credo che sia così anche per le scelte che fa il cinema. Inoltre, in un secondo momento, il testo deve continuare a fornire spunti per soluzioni grafiche valide per adattarsi al diverso linguaggio, che è essenzialmente visivo.
Parliamo di “Uova fatali” ed entriamo un po’ nel “tecnico”. Qual è stata la parte che le è piaciuta di più disegnare? E perché?
Anche “Uova Fatali” offre già nel testo di Bulgakov innumerevoli suggestioni. Sia nella prima parte, negli scontri tra il Professor Persikov e il mondo in cui si trova a vivere, che lo circonda in modo asfissiante e che scatena i suoi improvvisi scatti d’ira, sia nella seconda, quando i rettili invadono le campagne attorno a Mosca.
È un racconto che fin da quando lo lessi molti anni fa, (avevo in casa un’edizione Bompiani del 1974 con la bella traduzione di Maria Olsufieva) iniziai subito a disegnare.
In effetti il disegno di allora, la prima stesura in bianco e nero degli anni ’80 mai pubblicata, ritorna in questa versione aggiornata e a colori, e mi ricollega oggi allo stile di quel tempo, orientato verso un disegno più grottesco e satirico, il che mi è parsa una cosa interessante da proporre. La differenza con altre cose che ho fatto penso che sia evidente.
Il romanzo di Bulgakov racconta una storia fantascientifica ma che oggi è di grande attualità: la manipolazione sconsiderata della natura da parte dell’uomo. Cos’è che l’ha spinta ad abbracciare questo nuovo progetto? l’amore per la letteratura oppure l’attualità del tema trattato?
Entrambe le cose. Bulgakov è un autore che mi piace molto, che ho affrontato attraverso un racconto breve ma pieno di eventi e di premonizioni, fantascientifico ma non troppo. Scritto nel 1925 e ambientato a Mosca tre anni più tardi. Il suo romanzo, ” Il Maestro e Margherita”, è uno dei più bei romanzi che ho letto. I temi trattati in “Uova fatali” così come in “Cuore di Cane” sono diventati in questi anni, da dopo la seconda guerra mondiale, di preoccupante attualità. Bulgakov è morto nel 1940 ma aveva già descritto quali sarebbero stati i pericoli per l’umanità, tra cui l’uso distorto della scienza e della tecnologia. C’è una fantascienza che guarda al futuro con ottimismo e una pessimista. Bulgakov era un deciso pessimista e come ho accennato nella prefazione del libro, tutti possono vedere come molte scoperte scientifiche si siano rivelate in seguito un boomerang. Ma come sempre tutto sta nel buon senso degli umani che, che a quanto si vede, è molto scarso.
Un racconto breve, ironico e scoppiettante ma che fa pensare.
Lei ormai da molti anni collabora stabilmente con sceneggiatori, scrittori e scenografi per dare vita alle sue splendide pubblicazioni. Come si gestisce la creatività quando le scadenze di consegna si avvicinano e ci sono dei tempi da rispettare?
La mia fortuna è stata quella di lavorare con editori che hanno aspettato che il lavoro fosse terminato secondo i tempi degli scrittori con cui ho collaborato e miei, soprattutto quando mi sono trovato a lavorare contemporaneamente su più cose. A meno che vi siano scadenze particolari, come un lavoro dedicato ad una ricorrenza o cose simili.
Nei casi in cui i libri hanno avuto una prima uscita coi quotidiani come nel caso del “Magnifico 7” allora si hanno tempi stretti e si ricorre a degli aiuti, per il colore o per il lettering. È in questi casi che non si ha il tempo di rivedere dei disegni, rifare e correggere, ed “è buona la prima”. Poi quando vedo il lavoro finito mi dico “ecco qui avrei potuto far meglio”. Ma in generale ho il tempo di pensare e ripensare a quello che faccio. A volte la soluzione per il disegno di una situazione non è subito pronta ma richiede qualche giorno di meditazione. Tempi lunghi a volte. Per “Uova fatali” addirittura qualche decennio.
Un grazie a Francesca Amore e ai lettori di Sguardo ad Est.
|