La sepoltura in questione contiene un solo scheletro, deposto in una fossa terragna, non profonda, orientata in direzione nord/sud. È posta parallelamente alla struttura dell’ambiente adiacente alla chiesa. Le articolazioni scheletriche appaiono in connessione anatomica, il che fa desumere che si tratti di una deposizione primaria, che il corpo, cioè, sia stato adagiato e mai più mosso, rimaneggiato, trasportato, senza che vi siano stati interventi successivi alla deposizione della salma. Le ossa non sono scivolate fuori dal volume del corpo. Questo significa che la decomposizione del cadavere è avvenuta in uno spazio pieno, ossia all’interno della fossa stessa, e il riempimento terroso ha preso progressivamente il posto delle parti deterioratesi. Pietra Colice! È incredibile come un nome che hai sempre avuto sotto gli occhi possa cambiare da un momento all’altro le tue prospettive: certo, se non fosse stato per quel meraviglioso pettegolo di fra’ Salimbene de Adam, il mistero sarebbe ancora ignoto…
Indagine archeologica e racconto di un omicidio medievale: il sottotitolo già dice tutto. Il libro infatti, interessante a partire proprio da come è strutturato, rifugge in realtà ogni tipo di manichea catalogazione tassonomica in una sorta di genere prestabilito, visto che è sia un saggio specialistico, scientifico, dotto e approfondito, corredato di immagini e testi, un documento e una testimonianza che indaga anche gli omicidi di strada e le vicende di brigantaggio nella Liguria orientale del XIV secolo, che un giallo, Neve rossa al San Nicolao, curato e intrigante. È scritto, d’altra parte, da un autore esperto romanziere e drammaturgo (padrone dei meccanismi dell’azione e capace di conferire dinamismo alle vicende che tratta, con linguaggio semplice, accessibile, intenso e plausibile) che ha in comune con l’accademico la passione per una terra affascinante e dalle mille sfumature come la Liguria, ed è per questo che il dialogo e l’amalgama fra le parti funzionano tanto bene. Fabrizio Benente, archeologo e docente di Archeologia del Mediterraneo dell’Università di Genova dal curriculum impressionante, ha condotto per anni, fra le altre cose, gli scavi – i cui risultati hanno fatto e fanno bella mostra di sé nelle pagine di numerose pubblicazioni di settore – in prossimità dell’Hospitale di San Nicolao, luogo di culto e non solo, di Pietra Còlice, un’area archeologica situata sul Monte San Nicolao, crocevia di strade e genti sin dall’epoca preistorica, vicino al passo del Bracco, nel comune di Castiglione Chiavarese, alle spalle di Sestri Levante, sulla diramazione costiera della Via Francigena, tra le province di Genova e La Spezia: qui un ritrovamento su tutti ha vellicato l’immaginazione degli studiosi, dando il via alla collaborazione di Benente con Mario Dentone, quello dello scheletro di un uomo trafitto da diciannove fra colpi di spada e pugnalate. Un mistero insoluto, un vero e proprio, per citare la celeberrima serie tv con Kathryn Morris, cold case, che dà il la a un racconto suggestivo.
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