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“L’ultimo ebreo” di Ivo Scanner, un romanzo ucronico di un maestro del genere
Fenice Bookstore di venerdģ 19 marzo 2021
Le conseguenze nefaste di un differente universo parallelo

di Cinzia Esposito
Lo scenario della nuova opera di Ivo Scanner, “L’ultimo ebreo” è tra i più inquietanti immaginabili: i nazisti hanno vinto la seconda guerra mondiale e il Terzo Reich ha assoggettato la Germania, con influenze pericolose e nefaste in tutta Europa.
Un libro a doppia lettura, diviso in due parti, che parla di universi paralleli e di storie alternative. Il genere è un ibrido tra thriller, con bagliori di horror e lampi di fantascienza, che sconfinano nel cosiddetto filone dell’ Ucronia, in quelle vicende ambientate cioè in un mondo diverso dal nostro e dove la Storia si è biforcata, prendendo tutta un’altra direzione.
Nella prima parte del romanzo, ambientata nel 1958, l’imminente compleanno di Adolf Hitler scatena, secondo la propaganda di regime, la ricerca serrata di quello che è considerato l’ultimo ebreo, da offrire al capo supremo come regalo, dopo che in tutto il mondo l’obiettivo di sterminare la razza di Abramo è stato portato a compimento.
Straniante è l’ambientazione: le squadre delle SS pattugliano le strade di Berlino, bandiere con la svastica sventolano dai palazzi e il ritratto del Fuhrer troneggia in ogni vetrina di negozio e su tutti i muri, anche quelli domestici.
Due personaggi principali si fronteggiano, la preda, l’emigrato italiano Renzo Renna, operaio specializzato e integrato anche sentimentalmente in suolo tedesco, e il cacciatore, il maggiore Kurt Konig, indiscusso capo degli esecutori di ebrei in tutto il mondo e sanguinosamente letale, come da prassi. La caccia inizia durante il censimento della popolazione razza ariana, quando Renna riesce a sfuggire alla visita medica che, per la circoncisione, ne avrebbe rivelato la natura. Da qui prende il via una rocambolesca caccia all’uomo da Berlino fino a Roma, in un inseguimento serrante e senza fiato, assai ben descritto dall’autore, che lascia sul campo sentimenti e convinzioni, vecchie amicizie e nuovi amori, fino all’inaspettato colpo di scena finale.
Ambientata ai giorni nostri, anche se idealmente collegata alla prima parte per tematica e riferimenti, è la seconda – intitolata “Sotto la casa” – più articolata di personaggi e di voci, che raccontano singolarmente l’occupazione da parte dei membri del centro sociale Marcos e di due giornaliste d’assalto di Casa Conchiglia, un vecchio e periferico rudere abbandonato e prossimo alla demolizione, dalla sinistra fama di roccaforte nazista durante l’occupazione di Roma e sospetto teatro di crimini e torture. Qui lo stile di Scanner si fa più cupo e alienante, in una tensione crescente riga dopo riga e un ritmo fin troppo turbinoso e terrificante.
Inquietante è il finale, che sembra ammonirci sul sempre presente pericolo del fanatismo ideologico e della sua perversa fascinazione. Altro che Ucronia.


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Le conseguenze nefaste di un differente universo parallelo

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Lo scenario della nuova opera di Ivo Scanner, “L’ultimo ebreo” è tra i più inquietanti immaginabili: i nazisti hanno vinto la seconda guerra mondiale e il Terzo Reich ha assoggettato la Germania, con influenze pericolose e nefaste in tutta Europa.
Un libro a doppia lettura, diviso in due parti, che parla di universi paralleli e di storie alternative. Il genere è un ibrido tra thriller, con bagliori di horror e lampi di fantascienza, che sconfinano nel cosiddetto filone dell’ Ucronia, in quelle vicende ambientate cioè in un mondo diverso dal nostro e dove la Storia si è biforcata, prendendo tutta un’altra direzione.
Nella prima parte del romanzo, ambientata nel 1958, l’imminente compleanno di Adolf Hitler scatena, secondo la propaganda di regime, la ricerca serrata di quello che è considerato l’ultimo ebreo, da offrire al capo supremo come regalo, dopo che in tutto il mondo l’obiettivo di sterminare la razza di Abramo è stato portato a compimento.
Straniante è l’ambientazione: le squadre delle SS pattugliano le strade di Berlino, bandiere con la svastica sventolano dai palazzi e il ritratto del Fuhrer troneggia in ogni vetrina di negozio e su tutti i muri, anche quelli domestici.
Due personaggi principali si fronteggiano, la preda, l’emigrato italiano Renzo Renna, operaio specializzato e integrato anche sentimentalmente in suolo tedesco, e il cacciatore, il maggiore Kurt Konig, indiscusso capo degli esecutori di ebrei in tutto il mondo e sanguinosamente letale, come da prassi. La caccia inizia durante il censimento della popolazione razza ariana, quando Renna riesce a sfuggire alla visita medica che, per la circoncisione, ne avrebbe rivelato la natura. Da qui prende il via una rocambolesca caccia all’uomo da Berlino fino a Roma, in un inseguimento serrante e senza fiato, assai ben descritto dall’autore, che lascia sul campo sentimenti e convinzioni, vecchie amicizie e nuovi amori, fino all’inaspettato colpo di scena finale.
Ambientata ai giorni nostri, anche se idealmente collegata alla prima parte per tematica e riferimenti, è la seconda – intitolata “Sotto la casa” – più articolata di personaggi e di voci, che raccontano singolarmente l’occupazione da parte dei membri del centro sociale Marcos e di due giornaliste d’assalto di Casa Conchiglia, un vecchio e periferico rudere abbandonato e prossimo alla demolizione, dalla sinistra fama di roccaforte nazista durante l’occupazione di Roma e sospetto teatro di crimini e torture. Qui lo stile di Scanner si fa più cupo e alienante, in una tensione crescente riga dopo riga e un ritmo fin troppo turbinoso e terrificante.
Inquietante è il finale, che sembra ammonirci sul sempre presente pericolo del fanatismo ideologico e della sua perversa fascinazione. Altro che Ucronia.


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