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La Peste. La concessione della primavera al tempo del Covid
GardaPost di venerd 7 maggio 2021
Con "La peste", Pino Casamassima, gardesano, scrittore e giornalista di lungo corso, torna al romanzo. La pandemia offre allo scrittore il pretesto...

Con "La peste", Pino Casamassima, gardesano, scrittore e giornalista di lungo corso, torna al romanzo. La pandemia offre allo scrittore il pretesto per aprire i cassetti dei ricordi e ricostruire la storia politica e culturale del Paese attraverso storie di vita vissuta della sua generazione.
Quattro amici e uno skipper sono sorpresi dalla pandemia del Covid-19 al largo del Tirreno in una barca a vela che li riunisce dopo decenni di vite diverse.
E’ il momento del ricordo delle esperienze fatte insieme in età giovanile, di un’amicizia cementatasi con una formazione comune fra musica, libri, film, ma legata pure da un segreto terribile: un delitto compiuto negli anni di piombo (epoca che l’autore conosce bene e che ha indagato in diversi libri). Un omicidio rimasto impunito…
Parte da qui “La peste. La concessione della primavera al tempo del Covid” (Oltre Edizioni, 309 pagine, 18 euro), romanzo che nel titolo rivela un omaggio al capolavoro di Albert Camus, che il protagonista del racconto, Pierpaolo Cortes, gardesano e giornalista proprio come l’autore, si è portato in barca come lettura.
Tra autobiografia e invenzione, Casamassima ci racconta la storia di un anno segnato da una pandemia, che ha sconvolto le persone riducendole al loro passato. Nel tempo sospeso e indefinito della lotta al coronavirus, l’autore racconta della “peste” dei giorni nostri, ma il presente della pandemia rimanda alla storica politica, sociale e culturale italiana vissuta dalla generazione dell’autore, tra anni Settanta e Ottanta.
Una generazione che ha creduto di cambiare il mondo e che oggi si ritrova a guardare quel mondo che non è riuscita a cambiare, un modo che, ora, la nuova peste sta letteralmente travolgendo.
Con una scrittura secca, emozionante, il lettore viene trascinato nel vortice di una vita spezzata, un omicidio, una colpa mai scontata. Un romanzo che non si scorderà facilmente
In appendice troviamo gli «Appunti per un saggio su La Peste di Albert Camus». La conclusione di Casamassima:« In buona sostanza, l’uomo fatica a pensare davvero oltre sé stesso, ma se questo accade, se veramente a volte è possibile – come ciascuno ha esperienza – che due persone si incontrino in uno spazio magico, misterioso e per questo capace di generare l’inatteso, cioè oltre i propri egoismi, le proprie ambizioni, i propri interessi, allora sì, allora forse si può pensare di riuscire, con una sorte di comunione laica, a fronteggiare e averla finalmente vinta, sulla Peste».

Pino Casamassima vive sul lago di Garda.
E’ giornalista professionista, scrittore e autore teatrale.
Oltre ad aver lavorato nelle redazioni di quotidiani e periodici, è stato inviato in Formula 1, opinionista per il web europeo del network americano CBS, oltre che consulente editoriale per Rizzoli libri.
Autore de La Storia siamo noi, collabora con History Channel, l’Università Cattolica di Milano, L’Archivio storico della Resistenza bresciana e della Storia contemporanea.
Ha pubblicato una quarantina di libri, alcuni dei quali tradotti all’estero, Cina compresa. Pino Casamassima.



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GardaPost - venerd 7 maggio 2021
Con "La peste", Pino Casamassima, gardesano, scrittore e giornalista di lungo corso, torna al romanzo. La pandemia offre allo scrittore il pretesto...

Con "La peste", Pino Casamassima, gardesano, scrittore e giornalista di lungo corso, torna al romanzo. La pandemia offre allo scrittore il pretesto per aprire i cassetti dei ricordi e ricostruire la storia politica e culturale del Paese attraverso storie di vita vissuta della sua generazione.
Quattro amici e uno skipper sono sorpresi dalla pandemia del Covid-19 al largo del Tirreno in una barca a vela che li riunisce dopo decenni di vite diverse.
E’ il momento del ricordo delle esperienze fatte insieme in età giovanile, di un’amicizia cementatasi con una formazione comune fra musica, libri, film, ma legata pure da un segreto terribile: un delitto compiuto negli anni di piombo (epoca che l’autore conosce bene e che ha indagato in diversi libri). Un omicidio rimasto impunito…
Parte da qui “La peste. La concessione della primavera al tempo del Covid” (Oltre Edizioni, 309 pagine, 18 euro), romanzo che nel titolo rivela un omaggio al capolavoro di Albert Camus, che il protagonista del racconto, Pierpaolo Cortes, gardesano e giornalista proprio come l’autore, si è portato in barca come lettura.
Tra autobiografia e invenzione, Casamassima ci racconta la storia di un anno segnato da una pandemia, che ha sconvolto le persone riducendole al loro passato. Nel tempo sospeso e indefinito della lotta al coronavirus, l’autore racconta della “peste” dei giorni nostri, ma il presente della pandemia rimanda alla storica politica, sociale e culturale italiana vissuta dalla generazione dell’autore, tra anni Settanta e Ottanta.
Una generazione che ha creduto di cambiare il mondo e che oggi si ritrova a guardare quel mondo che non è riuscita a cambiare, un modo che, ora, la nuova peste sta letteralmente travolgendo.
Con una scrittura secca, emozionante, il lettore viene trascinato nel vortice di una vita spezzata, un omicidio, una colpa mai scontata. Un romanzo che non si scorderà facilmente
In appendice troviamo gli «Appunti per un saggio su La Peste di Albert Camus». La conclusione di Casamassima:« In buona sostanza, l’uomo fatica a pensare davvero oltre sé stesso, ma se questo accade, se veramente a volte è possibile – come ciascuno ha esperienza – che due persone si incontrino in uno spazio magico, misterioso e per questo capace di generare l’inatteso, cioè oltre i propri egoismi, le proprie ambizioni, i propri interessi, allora sì, allora forse si può pensare di riuscire, con una sorte di comunione laica, a fronteggiare e averla finalmente vinta, sulla Peste».

Pino Casamassima vive sul lago di Garda.
E’ giornalista professionista, scrittore e autore teatrale.
Oltre ad aver lavorato nelle redazioni di quotidiani e periodici, è stato inviato in Formula 1, opinionista per il web europeo del network americano CBS, oltre che consulente editoriale per Rizzoli libri.
Autore de La Storia siamo noi, collabora con History Channel, l’Università Cattolica di Milano, L’Archivio storico della Resistenza bresciana e della Storia contemporanea.
Ha pubblicato una quarantina di libri, alcuni dei quali tradotti all’estero, Cina compresa. Pino Casamassima.



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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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