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mercoledģ 5 luglio 2023
Oltre Edizioni porta nelle librerie italiane le “Poesie scelte” di Florbela Espanca. Traduzione e cura di Danila Boggiano

di Redazione

Ciò che sorprende in Florbela Espanca è non tanto la problematica fragilità che riguarda il rapporto con sé stessa e con il mondo, cosa poco sorprendente, trattandosi di poesia, quanto la potenza delle immagini in cui questa fragilità va a confluire, come un abito sontuoso di colore rosso indossato in occasione di un lutto. Non per negarlo e rovesciarlo convenientemente in festa, ma per mostrarne in contrasto i dolorosi risvolti, contrappunto alla lucida consapevolezza spinta sino al punto dell’esasperazione che è il segno di Florbela donna e poeta. Guarda in sé, Florbela, e lo fa incessantemente e immediatamente, musicalmente, senza nulla concedere alla parte riflessiva e mediatrice della parola che potrebbe appunto flettere nella direzione del pacato aggiustamento il suo sguardo. Fa insomma quello che nessun poeta dovrebbe fare…

Florbela Espanca, pseudonimo di Flor Bela de Alma da Conceição, nacque a Vila Vicosa nel 1894, 8 dicembre, e nello stesso giorno morirà suicida, trentasei anni dopo. La sua vita porta fin dalla nascita il segno dell’inquietudine e della stravaganza. Nacque infatti da una relazione extraconiugale del padre, relazione che la moglie accettò, essendo sterile. Florbela fu cresciuta, insieme con il fratello Apeles, nato tre anni dopo dal rapporto con la stessa donna, dal padre e dalla moglie, nonostante fossero stati registrati come figli di padre sconosciuto. Florbela fu una delle prime donne in Portogallo a portare a compimento il ciclo di studi secondario e ad iscriversi successivamente alla facoltà di Diritto, senza tuttavia conseguire la laurea. Si sposò tre volte, ebbe molti amori, non ebbe figli. Contemporanea di Pessoa, la sua storia letteraria oscilla tra apprezzamento e mancato riconoscimento e spazia dalla poesia alla prosa. In vita furono pubblicate soltanto due antologie di testi poetici, il Libro dei dolori e il Libro di sorella saudade. Tutta l’opera poetica di Florbela fu raccolta in Sonetti completi e pubblicata nel 1934 da Guido Battelli, un professore italiano innamorato della sua poesia, e forse anche di lei, con cui fu a lungo in corrispondenza e da lei ritenuto uno degli amici più cari.
Oggi, nonostante l’ostracismo di cui fu vittima a lungo da parte del regime salazarista e della Chiesa, è a buon diritto annoverata tra i grandi della letteratura portoghese.

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mercoledģ 5 luglio 2023
Oltre Edizioni pubblica le “Poesie scelte” di Florbela Espanca
Oltre Edizioni porta nelle librerie italiane le “Poesie scelte” di Florbela Espanca. Traduzione e cura di Danila Boggiano

di Redazione

Ciò che sorprende in Florbela Espanca è non tanto la problematica fragilità che riguarda il rapporto con sé stessa e con il mondo, cosa poco sorprendente, trattandosi di poesia, quanto la potenza delle immagini in cui questa fragilità va a confluire, come un abito sontuoso di colore rosso indossato in occasione di un lutto. Non per negarlo e rovesciarlo convenientemente in festa, ma per mostrarne in contrasto i dolorosi risvolti, contrappunto alla lucida consapevolezza spinta sino al punto dell’esasperazione che è il segno di Florbela donna e poeta. Guarda in sé, Florbela, e lo fa incessantemente e immediatamente, musicalmente, senza nulla concedere alla parte riflessiva e mediatrice della parola che potrebbe appunto flettere nella direzione del pacato aggiustamento il suo sguardo. Fa insomma quello che nessun poeta dovrebbe fare…

Florbela Espanca, pseudonimo di Flor Bela de Alma da Conceição, nacque a Vila Vicosa nel 1894, 8 dicembre, e nello stesso giorno morirà suicida, trentasei anni dopo. La sua vita porta fin dalla nascita il segno dell’inquietudine e della stravaganza. Nacque infatti da una relazione extraconiugale del padre, relazione che la moglie accettò, essendo sterile. Florbela fu cresciuta, insieme con il fratello Apeles, nato tre anni dopo dal rapporto con la stessa donna, dal padre e dalla moglie, nonostante fossero stati registrati come figli di padre sconosciuto. Florbela fu una delle prime donne in Portogallo a portare a compimento il ciclo di studi secondario e ad iscriversi successivamente alla facoltà di Diritto, senza tuttavia conseguire la laurea. Si sposò tre volte, ebbe molti amori, non ebbe figli. Contemporanea di Pessoa, la sua storia letteraria oscilla tra apprezzamento e mancato riconoscimento e spazia dalla poesia alla prosa. In vita furono pubblicate soltanto due antologie di testi poetici, il Libro dei dolori e il Libro di sorella saudade. Tutta l’opera poetica di Florbela fu raccolta in Sonetti completi e pubblicata nel 1934 da Guido Battelli, un professore italiano innamorato della sua poesia, e forse anche di lei, con cui fu a lungo in corrispondenza e da lei ritenuto uno degli amici più cari.
Oggi, nonostante l’ostracismo di cui fu vittima a lungo da parte del regime salazarista e della Chiesa, è a buon diritto annoverata tra i grandi della letteratura portoghese.

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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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