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Alberto Radicati
Vite parallele

Traduzione e cura di Tomaso Cavallo
A segnalare l’importanza di Alberto Radicati tra gli intellettuali del primo Settecento italiano ed europeo fu Piero Gobetti che senti fortemente l’attrazione di quella guerra di nobile ribelle democratico e proto-comunista. Del conte di Passerano, che definisce «primo illuminista della penisola», Gobetti ha tracciato, nel suo Risorgimento senza eroi, un ritratto pieno di forza e vivacità poi ripreso, precisato e approfondito da Franco Venturi.
«Pouvoir un jour delivrer ma Patrie du joug cruel des Ecclésiastiques»: è stato questo il motivo di fondo di tutta la variegata opera radicatiana, maturata in circostanze esistenzialmente drammatiche nel giro di pochi anni tra 1730 e 1737. Una fondamentale bipartizione struttura il giudizio del Radicati sulle guerre storiche: da una parte i partigiani dell’umana ragione in cerca della verità e dall’altra i fautori della «professione sacerdotale», detentori di una presunta verità assoluta da imporsi anche col ricorso alla coercizione violenta delle coscienze.
Di Radicati si pubblicano qui in traduzione italiana due brevi opuscoli che, atteggiati secondo il classico modello plutarcheo, ripropongono motivi centrali di un pensiero originale, interessato a una profonda riforma morale e intellettuale dell’Italia e dell’Europa intera.
Radicati, che si proclama un libero pensatore cristiano, ricostruisce le vicende delle «imposture» all’origine dei monoteismi ebraici e islamici.


Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Marchio editoriale
Gammarò edizioni
Pubblicato il 21/06/2022
pagine: 146
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: I CLASSICI
genere: Saggistica
tag: #filosofia #pensiero
ISBN: 9791280649119

Prezzo di copertina € 18.00
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A segnalare l’importanza di Alberto Radicati tra gli intellettuali del primo Settecento italiano ed europeo fu Piero Gobetti che senti fortemente l’attrazione di quella guerra di nobile ribelle democratico e proto-comunista. Del conte di Passerano, che definisce «primo illuminista della penisola», Gobetti ha tracciato, nel suo Risorgimento senza eroi, un ritratto pieno di forza e vivacità poi ripreso, precisato e approfondito da Franco Venturi.
«Pouvoir un jour delivrer ma Patrie du joug cruel des Ecclésiastiques»: è stato questo il motivo di fondo di tutta la variegata opera radicatiana, maturata in circostanze esistenzialmente drammatiche nel giro di pochi anni tra 1730 e 1737. Una fondamentale bipartizione struttura il giudizio del Radicati sulle guerre storiche: da una parte i partigiani dell’umana ragione in cerca della verità e dall’altra i fautori della «professione sacerdotale», detentori di una presunta verità assoluta da imporsi anche col ricorso alla coercizione violenta delle coscienze.
Di Radicati si pubblicano qui in traduzione italiana due brevi opuscoli che, atteggiati secondo il classico modello plutarcheo, ripropongono motivi centrali di un pensiero originale, interessato a una profonda riforma morale e intellettuale dell’Italia e dell’Europa intera.
Radicati, che si proclama un libero pensatore cristiano, ricostruisce le vicende delle «imposture» all’origine dei monoteismi ebraici e islamici.



L'AUTORE
Nato da nobile famiglia piemontese, Alberto Radicati venne educato a corte, ma ben presto manifest insofferenza sia per le convenienze del suo grado sociale sia per i vincoli dei dogmi religiosi. Il re Vittorio Amedeo II cerc di utilizzarne l'intelligenza per definire le relazioni con la Santa Sede, ma l'atteggiamento del Radicati and oltre gli obiettivi della corona e lo scrittore dovette riparare a Londra. Qui lanci un manifesto, in aperta rivolta contro i dogmi della Chiesa cattolica. In Discours moraux Radicati si richiama ai primordi del cristianesimo e alla politica sociale degli apostoli per rimproverare alla Chiesa la sua decadenza morale e la sua volont di dominio sulle cose terrene. Nel 1732, in seguito alla pubblicazione di A Philosophical Dissertation upon Death, le autorit ecclesiastiche inglesi lo fecero imprigionare. Ottenuta la libert, ripar in Olanda, dove col nome di Albert Bazin continu tenacemente la sua opera.

Gammarò edizioni
Pubblicato il 21/06/2022
pagine: 146
formato: cm. 14 x 21
copertina: softback con alette — brossura
collana: I CLASSICI
genere: Saggistica
tag: #filosofia #pensiero
ISBN: 9791280649119

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01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

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