CATALOGO      AUTORI      APPROFONDIMENTI      EVENTI      ARTE & ARTISTI      UNIVERSITÀ

Login (se sei già registrato) oppure Registrati
Oltre edizioni

Login (se sei già registrato) oppure Registrati
Giacomo Scotti fa sognare con il suo 'Navi, porti bordelli'
Iannozzi Giuseppe di marted 11 febbraio 2020
... Nella scrittura di Giacomo Scotti convergono tante influenze letterarie, da Daniel Defoe a Rudyard Kipling, da Joseph Conrad a Hermann Melville, da Jules Verme a Emilio Salgari...

di Giuseppe Iannozzi
Navi, porti, bordelli. Vita di marinaio. Dall'Adriatico al Sudamerica di Giacomo Scotti è sostanzialmente un romanzo di avventure. L’autore ci accompagna a scoprire il mondo, un mondo fatto di regole dure, ferree, in molti casi ingiuste e capziose. Nella scrittura di Giacomo Scotti convergono tante influenze letterarie, da Daniel Defoe a Rudyard Kipling, da Joseph Conrad a Hermann Melville, da Jules Verme a Emilio Salgari. Lo stile adottato da Giacomo Scotti è volutamente semplice, affinché il lettore possa subito calarsi nei panni del protagonista.
Drago è poco più di un ragazzo quando avverte il richiamo del mare. Purtroppo per lui esser nato in Dalmazia non lo aiuta, però è una gran testa dura e alla fine, lottando contro tutto e tutti, riuscirà a imbarcarsi. Ben presto scoprirà che la vita del marinaio è tutt’altro che facile: riuscire a diventare un marinaio esperto e rispettato non è cosa che si possa imparare in pochi giorni. Drago decide di farsi chiamare James, perché un nome spiccatamente dalmata non va affatto bene per un uomo di mare! Giacomo Scotti racconta le tante peripezie di James, con piglio ottimista anche quando il fato sembra accanirsi contro il suo personaggio. Porto dopo porto, nave dopo nave, James diventa un uomo, impara a conoscere l’animo umano in quasi tutte le sue sfumature, impara a non andare in bestia, e mantenendo la calma affronta tutte le situazioni, siano esse piacevoli o potenzialmente fatali. James è un uomo retto, onesto e corretto, ma le persone che incontra non sempre sono uguali a lui, così, più di una volta, si ritrova in un mare di guai. Finisce persino in gattabuia per non tradire un compagno, però non dispera, non si lascia abbattere e guarda al futuro con ottimismo. James è un uomo di cui ci si può fidare, uno che sa tenere la bocca chiusa, che sa che cosa è l’onore in un mondo che va sempre più alla deriva. Gli occhi di James si riempiranno delle illusioni della rivoluzione russa, vedranno l’ascesa del fascismo e del nazismo, carpiranno orrori inimmaginabili lungo buona parte del XX secolo, ma sapranno anche accendersi di felicità di fronte all’amicizia, alle donne, ai bambini.
Navi, porti, bordelli. Vita di marinaio. Dall'Adriatico al Sudamerica, edito da Oltre edizioni, è un romanzo che si lascia leggere tutto d’un fiato. L’autore predilige uno stile diretto e mai volgare, anche quando le situazioni in cui James incappa sono non poco drammatiche. Chi ama sognare, chi ha tenuto vivo dentro di sé un cuore bambino non può non leggere Navi, porti, bordelli. Vita di marinaio; chi ha amato Conrad e Salgari oggi non potrà non amare la bella scrittura di Giacomo Scotti.
L’incipit di Navi, porti, bordelli. Vita di marinaio. Dall'Adriatico al Sudamerica
La storia che mi accingo a narrare mi sembra più interessante di un romanzo, ma non è un romanzo. È il racconto dei fatti salienti della vita di un uomo di mare che ne passò di cotte e di crude sia in mare che sulla terraferma. Ma l'eccezionalità del racconto, a parte le numerose avventure, ora divertenti ora drammatiche, sta nel fatto che con esso scorrono tutti gli eventi salienti del secolo scorso. Dalla rivoluzione russa all’avvento del fascismo e del nazismo, dagli anni del proibizionismo alla crisi del ’29, dai drammi delle migrazioni per le Americhe alla guerra nel pacifico e così via, fino al dopoguerra. Il protagonista è un dalmata, anzi lo era, perché dal 10 febbraio 1998 le sue spoglie riposano nel cimitero di Fiume, la città marinara nella quale – dopo una gioventù tutta avventurosa «poté crearsi una famiglia ed ebbe un porto di approdo per oltre mezzo secolo, gli ultimi anni di una lunga e spericolata vita protrattasi per nove decenni».
Giacomo Scotti, è nato nel 1928 a Saviano in provincia di Napoli, ma dal 1947 vive ininterrottamente a Fiume, dove svolge una intensa attività ai vertici dell’Unione Italiana, che riunisce le comunità italiane delle attuali Croazia e Slovenia. Autore di una novantina di libri tra saggi, poesie, racconti e romanzi, merita ricordare soprattutto Goli Otok, ritorno all’Isola Calva (un gulag nell’Adriatico, Lint, Trieste, 1991), che rivelò al mondo un luogo e una pagina tragica del comunismo jugoslavo; Croazia, Operazione Tempesta (Gamberetti Editore, 1996) che racconta in diretta la spietata operazione militare dei croati in Krajina contro i serbi nell’agosto del 1995; Terre di guerre e viaggi di pace (Odradek, 2015), nel quale ripercorre, con lo zaino in spalla, le tappe della sanguinosa guerra che portò alla disgregazione della Jugoslavia. Il suo ultimo libro è Matvejević ed io, due marinai (Infinito,2018) nel quale racconta la vita e l’opera del grande scrittore di origine croato-erzegovese Predrag Matvejevic, di cui fu grande amico e traduttore. Per la Oltre Edizioni ha pubblicato nel 2015 Guerre, uomini e cani nel quale l’autore raccoglie i migliori racconti di carattere autobiografico che hanno segnato la sua vita di novantenne dal cuore di ragazzo.


leggi l'articolo integrale su Iannozzi Giuseppe
SCHEDA LIBRO   |   Segnala  |  Ufficio Stampa


CATALOGO      AUTORI      APPROFONDIMENTI      EVENTI      ARTE & ARTISTI      UNIVERSITÀ

Login (se sei già registrato) oppure Registrati
Oltre edizioni

Login (se sei già registrato) oppure Registrati
Iannozzi Giuseppe - marted 11 febbraio 2020
... Nella scrittura di Giacomo Scotti convergono tante influenze letterarie, da Daniel Defoe a Rudyard Kipling, da Joseph Conrad a Hermann Melville, da Jules Verme a Emilio Salgari...

di Giuseppe Iannozzi
Navi, porti, bordelli. Vita di marinaio. Dall'Adriatico al Sudamerica di Giacomo Scotti è sostanzialmente un romanzo di avventure. L’autore ci accompagna a scoprire il mondo, un mondo fatto di regole dure, ferree, in molti casi ingiuste e capziose. Nella scrittura di Giacomo Scotti convergono tante influenze letterarie, da Daniel Defoe a Rudyard Kipling, da Joseph Conrad a Hermann Melville, da Jules Verme a Emilio Salgari. Lo stile adottato da Giacomo Scotti è volutamente semplice, affinché il lettore possa subito calarsi nei panni del protagonista.
Drago è poco più di un ragazzo quando avverte il richiamo del mare. Purtroppo per lui esser nato in Dalmazia non lo aiuta, però è una gran testa dura e alla fine, lottando contro tutto e tutti, riuscirà a imbarcarsi. Ben presto scoprirà che la vita del marinaio è tutt’altro che facile: riuscire a diventare un marinaio esperto e rispettato non è cosa che si possa imparare in pochi giorni. Drago decide di farsi chiamare James, perché un nome spiccatamente dalmata non va affatto bene per un uomo di mare! Giacomo Scotti racconta le tante peripezie di James, con piglio ottimista anche quando il fato sembra accanirsi contro il suo personaggio. Porto dopo porto, nave dopo nave, James diventa un uomo, impara a conoscere l’animo umano in quasi tutte le sue sfumature, impara a non andare in bestia, e mantenendo la calma affronta tutte le situazioni, siano esse piacevoli o potenzialmente fatali. James è un uomo retto, onesto e corretto, ma le persone che incontra non sempre sono uguali a lui, così, più di una volta, si ritrova in un mare di guai. Finisce persino in gattabuia per non tradire un compagno, però non dispera, non si lascia abbattere e guarda al futuro con ottimismo. James è un uomo di cui ci si può fidare, uno che sa tenere la bocca chiusa, che sa che cosa è l’onore in un mondo che va sempre più alla deriva. Gli occhi di James si riempiranno delle illusioni della rivoluzione russa, vedranno l’ascesa del fascismo e del nazismo, carpiranno orrori inimmaginabili lungo buona parte del XX secolo, ma sapranno anche accendersi di felicità di fronte all’amicizia, alle donne, ai bambini.
Navi, porti, bordelli. Vita di marinaio. Dall'Adriatico al Sudamerica, edito da Oltre edizioni, è un romanzo che si lascia leggere tutto d’un fiato. L’autore predilige uno stile diretto e mai volgare, anche quando le situazioni in cui James incappa sono non poco drammatiche. Chi ama sognare, chi ha tenuto vivo dentro di sé un cuore bambino non può non leggere Navi, porti, bordelli. Vita di marinaio; chi ha amato Conrad e Salgari oggi non potrà non amare la bella scrittura di Giacomo Scotti.
L’incipit di Navi, porti, bordelli. Vita di marinaio. Dall'Adriatico al Sudamerica
La storia che mi accingo a narrare mi sembra più interessante di un romanzo, ma non è un romanzo. È il racconto dei fatti salienti della vita di un uomo di mare che ne passò di cotte e di crude sia in mare che sulla terraferma. Ma l'eccezionalità del racconto, a parte le numerose avventure, ora divertenti ora drammatiche, sta nel fatto che con esso scorrono tutti gli eventi salienti del secolo scorso. Dalla rivoluzione russa all’avvento del fascismo e del nazismo, dagli anni del proibizionismo alla crisi del ’29, dai drammi delle migrazioni per le Americhe alla guerra nel pacifico e così via, fino al dopoguerra. Il protagonista è un dalmata, anzi lo era, perché dal 10 febbraio 1998 le sue spoglie riposano nel cimitero di Fiume, la città marinara nella quale – dopo una gioventù tutta avventurosa «poté crearsi una famiglia ed ebbe un porto di approdo per oltre mezzo secolo, gli ultimi anni di una lunga e spericolata vita protrattasi per nove decenni».
Giacomo Scotti, è nato nel 1928 a Saviano in provincia di Napoli, ma dal 1947 vive ininterrottamente a Fiume, dove svolge una intensa attività ai vertici dell’Unione Italiana, che riunisce le comunità italiane delle attuali Croazia e Slovenia. Autore di una novantina di libri tra saggi, poesie, racconti e romanzi, merita ricordare soprattutto Goli Otok, ritorno all’Isola Calva (un gulag nell’Adriatico, Lint, Trieste, 1991), che rivelò al mondo un luogo e una pagina tragica del comunismo jugoslavo; Croazia, Operazione Tempesta (Gamberetti Editore, 1996) che racconta in diretta la spietata operazione militare dei croati in Krajina contro i serbi nell’agosto del 1995; Terre di guerre e viaggi di pace (Odradek, 2015), nel quale ripercorre, con lo zaino in spalla, le tappe della sanguinosa guerra che portò alla disgregazione della Jugoslavia. Il suo ultimo libro è Matvejević ed io, due marinai (Infinito,2018) nel quale racconta la vita e l’opera del grande scrittore di origine croato-erzegovese Predrag Matvejevic, di cui fu grande amico e traduttore. Per la Oltre Edizioni ha pubblicato nel 2015 Guerre, uomini e cani nel quale l’autore raccoglie i migliori racconti di carattere autobiografico che hanno segnato la sua vita di novantenne dal cuore di ragazzo.


leggi l'articolo integrale su Iannozzi Giuseppe
SCHEDA LIBRO   |   Stampa   |   Segnala  |  Ufficio Stampa

TUTTI GLI EVENTI

OGT newspaper
oggi
01/09/2024

L'intervista a Carla Boroni

Se la cultura di questa città fosse un palazzo, lei sarebbe una delle colonne.
Professoressa e scrittrice, docente e saggista, Carla Boroni si spende da una vita fra libri e università, progetti e istituzioni. Spirito libero e pensiero indipendente, non per questo ha evitato di cimentarsi in avventure strutturate che comportano gioco di squadra e visione di prospettiva: laureata in pedagogia e in lettere, professore associato alla cattedra di letteratura italiana contemporanea (scienze della formazione) all’Università Cattolica nonché membro del Dipartimento di Italianistica e Comparatistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha pubblicato articoli per riviste di critica letteraria e volumi che vanno da Ungaretti alle favole, dalla Storia alle ricette in salsa bresciana, variando registri espressivi e spaziando sempre.
Non a caso Fondazione Civiltà Bresciana non ha esitato a confermarla alla presidenza del suo Comitato Scientifico.
«Sono grata a presidente e vice presidente, Mario Gorlani e Laura Cottarelli - dice Carla Boroni -. Hanno creduto in me e insieme abbiamo formato questo comitato scientifico di persone che si danno molto da fare, ognuno nell’ambito della propria disciplina. Con loro è un piacere andare avanti, procedere lungo la strada intrapresa che ci ha già dato soddisfazioni. Con impegno ed entusiasmo immutati, anzi rinnovati».

Il Cda di Fcb ha riconosciuto il lavoro svolto a partire dalle pubblicazioni artistiche e architettoniche al Fondo Caprioli in avanzato stato di lavoro storico archivistico, da «Maggio di gusto» (sulle tradizioni culinarie nel bresciano), alla toponomastica, dal Centro Aleni sempre più internazionale alle mostre in sinergia con le province limitrofe, al riconoscimento della Rivista della Fondazione nella Classe A di molte discipline universitarie.
Attraverso una brescianità d’eccellenza e mai localistica siamo riusciti a coinvolgere le Università ma anche Accademie e Conservatori non solo cittadini, non trascurando quell’approccio pop che tanto fu caro al fondatore monsignor Antonio Fappani, con cui io e Sergio Onger iniziammo svolgendo un ruolo da direttori. Conferenze e iniziative, eventi e restauri, mostre e incontri, convenzioni e pubblicazioni: tanto è stato fatto, tanto ancora resta da fare.

Cosa vuole e può rappresentare Fondazione Civiltà Bresciana?
Tanti pensano che sia questo e stop, Civiltà Bresciana come indica il nome. In realtà noi a partire, non dico da Foscolo, ma da Tartaglia, Arici e Veronica Gambara, tutti grandi intellettuali che hanno lavorato per la città incidendo in profondità, cerchiamo di radicare al meglio i nostri riferimenti culturali. Dopodiché ci siamo aperti a Brescia senza remore.

Com’è composta la squadra?
Possiamo contare su tante competenze di rilievo. Marida Brignani, architetta e storica, si occupa di toponomastica. Gianfranco Cretti, ingegnere e storico cinese, del Centro GIulio Aleni. Massimo De Paoli, figlio del grande bomber del Brescia Calcio, storico dell’architettura, fa capo all’Università Statale di Brescia come Fiorella Frisoni, storica dell’arte, a quella di Milano. Licia Mari, musicologa, è attiva con l’Università Cattolica di Brescia come Simona Greguzzo con la Statale di Pavia quanto a storia moderna. Leonardo Leo, già direttore dell’Archivio di Stato, si occupa del Fondo Caprioli. L’esperto di enogastronomia è Gianmichele Portieri, giornalista e storico come Massimo Tedeschi, direttore della rivista della Fondazione. Massimo Lanzini, pure giornalista, specialista di dialetto e dialetti, prende il posto dell’indimenticabile Costanzo Gatta nel «Concorso dialettale» relativo ai Santi Faustino e Giovita.

Cosa c’è all’orizzonte adesso?
La priorità, in generale, è precisamente una: vogliamo dare alla brescianità un’allure di ampio respiro.
Al di là dell’anno da Capitale della Cultura, ad ampio raggio è in atto da tempo una rivalutazione, una ridefinizione della cultura di Brescia.
Io appartengo a una generazione che a scuola non poteva parlare in dialetto. Sono cresciuta a Berzo Demo e traducevo dal dialetto per esprimermi regolarmente in italiano. Mentre il dialetto a scuola era scartato, tuttavia, i poeti dialettali sono cresciuti enormemente, a partire da Pier Paolo Pasolini con le sue poesie a Casarsa.

Tanti anni di insegnamento: come sono cambiati gli studenti di generazione in generazione?
Checché se ne dica per me i ragazzi non sono cambiati tanto, anzi, non sono cambiati affatto. Sono quelli di sempre: se sentono che tu insegnante sei aperta nei loro confronti e li capisci davvero, ti seguono e la loro stima ti gratifica ogni giorno. Sono contentissima.

La chiave è l’apertura mentale?
Sì, sempre. Io vengo da un mondo cattolico privo di paraocchi, il mondo di don Fappani. Per esempio abbiamo fatto un libro con Michele Busi sui cattolici e la Strage: gravitiamo costantemente in un’area in cui non bisogna esitare a mettersi in discussione. Nel nostro Comitato Scientifico siamo tutti liberi battitori. Alla fine quello che conta è la preparazione, lo spessore.

Discorso logico ma controcorrente, nell’epoca di TikTok e della soglia di attenzione pari a un battito di ciglia.
Vero. All’università quando devo spiegare una poetica agli studenti propongo degli hashtag: #Foscolo, #illusioni, #disillusioni... Mi muovo sapendo di rivolgermi a chi è abituato a ragionare e ad esprimersi in 50 parole. Poi magari vengono interrogati e sanno tutto, ma devono partire da lì. I tempi cambiano e oggi funziona così.

Oggi a che punto è la Civiltà Bresciana, estendendo il concetto al di là della Fondazione?
Brescia ha sempre dovuto lottare, correre in salita, con la sua provincia così vasta e mutata nei secoli. Storia di dominazioni e resistenze, di slanci e prove d’ingegno. Adesso nella nostra Fondazione abbiamo persone di Cremona e Mantova, ci stiamo allargando, aprendo alle novità anche in questo senso. Così si può diventare meno Milano-centrici. Fieri delle nostre radici, ma senza paura di cambiare. Per crescere in un mondo che evolve rimanendo popolari. Per preservare la nostra cultura con lo sguardo proteso al futuro, sapendo che Brescia ha una grande qualità: può contare su una trasversalità di fondo a livello di rapporti intrecciati di stima che prescindono da ogni forma di appartenenza politica. Convergenze parallele virtuose che contribuiscono ad un gioco di squadra allargato.

LEGGI TUTTO